"Nome d'arte di Barbara Apolonia Chalupiec, attrice tedesca di origine polacca. Costretta ad abbandonare la carriera di ballerina, intraprende con successo la via del teatro (Sumurun, 1912, di E. Lubitsch) ed esordisce in patria (1914) quale giovane antagonista di A. Nielsen e F. Bertini. Una serie di interpretazioni sotto la regia di A. Hertz e il declino del cinema polacco nel periodo bellico la conducono in Germania, dove, diretta da E. Lubitsch (Gli occhi della mummia, 1918) diviene la più alta incarnazione di «donna fatale»: fosco e irresistibile sex-symbol nell'empireo femminile del muto. Chioma corvina, intensi occhi neri, labbra espressive, la N. è presenza luminosa e trascinante dell'universo Lubitsch: in panni zingareschi (Sangue gitano, 1918) e di cortigiana dagli eccessi melodrammatici cari al pubblico del tempo (Madame Dubarry, 1919). È quest'ultimo film, reintitolato Passion, ad aprirle, prima diva europea, le porte di Hollywood. La Paramount ne fa la rivale di G. Swanson nelle regie di G. Fitzmaurice (La vamp, 1923) e H. Brenon (La gitana, 1923; Nell'ombra di Parigi, 1924), ma è ancora Lubitsch, emigrato nel frattempo, a condurla in vetta al successo internazionale (La zarina, 1924). Resta sulla cresta, diretta da M. Stiller (L'ultimo addio, 1927) e R.W. Lee (Reticolati, 1927) ma offusca la propria immagine pubblica con tempestose relazioni amorose e una «scandalosa» partecipazione al funerale di R. Valentino. Con l'avvento del sonoro è costretta a tornare in Europa a causa del suo marcato accento straniero: prima nella Germania nazista, dove interpreta con successo ruoli melodrammatici (Mazurka tragica, 1935, di W. Frost; Madame Bovary, 1937, di G. Lamprecht), poi in Francia. Di nuovo a Hollywood in Hi, Diddle Diddle (1943) di A.L. Stone, si ritira in Texas concedendosi un'unica, ultima apparizione in Giallo a Creta (1964) di J. Neilson."