Nome d'arte di Volodymyr Palahniuk, attore statunitense. Di origine ucraina, giovanissimo si afferma come pugile non volendo fare il minatore come i suoi familiari. Un incidente subito durante la guerra gli sfigura il viso che, nonostante le molteplici plastiche facciali, conserverà quella espressione «da duro» che gli apre le porte del mondo dello spettacolo. Dopo buone prove a Broadway, ottiene il primo successo sul grande schermo nel 1950 con la parte di uno spietato assassino in Bandiera gialla di E. Kazan. Rude, grintoso ma dotato di un certo fascino, in cinquant'anni di carriera è interprete di più di un centinaio di film. Lo si ricorda crudele pistolero in Il cavaliere della valle solitaria (1953) di G. Stevens, attore ricattato in Il grande coltello (1955) e soldato eroico in Prima linea (1956) di R. Aldrich, gangster solitario in Tutto finì alle sei (1955) di S. Heisler – rifacimento di Una pallottola per Roy di R. Walsh del 1941 –, cinico produttore in Il disprezzo (1963) di J.-L. Godard. A cavallo tra gli anni '60 e '70, dopo la rottura con Hollywood, ottiene poche parti interessanti e si lascia tentare dalla televisione. Torna al successo come ironica icona di sé stesso in Bagdad Café (1987) di P. Adlon e poi appare ancora in una piccola parte nel fantastico Batman (1989) di T. Burton e nel ruolo del rude cowboy in Scappo dalla città. La vita, l'amore e le vacche (1991, Oscar come migliore attore non protagonista) di R. Underwood e Scappo dalla città 2 (1994) di P. Weiland.