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Un padre politico illustre e un figlio in clandestinità. Lo Stato e il terrorismo. Una famiglia e un paese, l'Italia, irrimediabilmente divisi negli anni di piombo.
Carlo Donat-Cattin è vicesegretario della Democrazia cristiana quando, nella primavera del 1980, si scopre che suo figlio Marco milita ai vertici di Prima linea, una delle principali organizzazioni terroristiche di sinistra attive negli anni di piombo. La notizia fa da detonatore a uno dei piú gravi scandali della storia repubblicana, che coinvolge il presidente del Consiglio Francesco Cossiga e si combina a circostanze inquietanti degne di una spy story. Al contempo il dolore privato della famiglia Donat-Cattin e il percorso di Marco, comune a molti altri giovani, mettono sotto gli occhi di tutti lo strappo senza rimedio che si è consumato nel corso degli anni Settanta. Attraverso questa storia, che è di padri e di figli, il terrorismo appare come una delle forme che assume il conflitto generazionale, una sorta di resa dei conti che ha le sue radici nelle caratteristiche e nei limiti della modernizzazione italiana. Di parricidio si parla già per il caso Moro, quando lo Stato rifiuta qualsiasi trattativa con le Br. Ma lo scandalo Donat-Cattin sembra annullare la distanza tra terrorismo e Stato, e suona come una chiamata di correo, oltre che per la classe politica, per l'istituto della famiglia, cuore del Paese. A distanza di quarant'anni, spenti da tempo i clamori, il caso Donat-Cattin ci appare una storia in grado di fotografare, in una unica istantanea, il dramma del terrorismo e l'Italia nel dramma del terrorismo.
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un libro da leggere, senza dubbio. Per l'argomento affrontato - una delle stagioni più tragiche e complesse della nostra storia recente -e per la novità della trattazione - la vicenda personale e intima di un militante - capace di illuminare aspetti finora poco indagati dalla storiografia. L'autrice tratta la materia con competenza e un uso sapiente delle fonti, e allora pazienza se manca l'indice dei nomi, se una revisione del testo frettolosa - ma si correggono ancora le bozze?- non ha giovato alla scorrevolezza del testo, infine se alcuni passaggi - quello sull'atoriduzione, a esempio - appaiono stranamente imprecisi.
Una ricerca storica approfondita e ben scritta attorno a una questione poco indagata, ovvero il rapporto tra le formazioni della lotta armata e la morte, inflitta e subita. Sarà la riflessione sulla violenza e sulla morte l'elemento che nelle biografie dei militanti determinerà il percorso verso la dissociazione e la speranza di una vita diversa.
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