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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Lungo, trama confusa e poco avvincente. Non lo consiglio!
Lungo e noioso, senza mordente
Piu' che un passo indietro direi un salto nel vuoto. Nulla mi ha attratto in questo libro, lungo e noioso. Una stella in piu' oltre al giudizio "scarso" solo per la stima sui precedenti romanzi.
Recensioni
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«La luce diventò più intensa. Il sole si fece strada tra le nuvole e un raggio colpì gli arnesi lucidi e proiettò un balenio di luce sulla stufa di ghisa nera. Annika cantò finché le parole non si esaurirono e nell’aria piena di polvere illuminata dal sole rimase solo il silenzio.»
Il cerchio si chiude. Undicesimo e ultimo volume della saga con Annika Bengtzon, Ferro e sangue fa calare il sipario tornando alle origini, cioè al caso d’omicidio avvenuto al club Studio Sex che ci ha fatto incontrare la giornalista-investigatrice più amata di Svezia. Alla «Stampa della Sera» infatti è periodo di magra, e ripescare vecchi casi e vecchi articoli all’inizio dell’estate, proprio quando l’attenzione dei lettori comincia a calare, sembra essere una buona idea. Per Annika, questo significa tornare indietro di quindici anni, e rincontrare le persone, i fatti, gli oggetti che hanno fatto parte della sua prima indagine (in effetti, il libro è decisamente più godibile per i fedelissimi della prima ora, anche se la Marklund lancia diversi salvagenti in soccorso del lettore neofita).
Ovviamente in quindici anni molte cose sono cambiate: l’affidabilità dei test del DNA, per esempio. Il DNA è infatti al centro dell’altra indagine importante condotta nel romanzo, quella della poliziotta Nina Hoffman (anche lei un apprezzatissimo ritorno) sull’imprenditore Ivar Berglund, accusato di essere un torturatore e omicida seriale. Tutto si regge su un microscopico pezzetto di DNA attribuibile all’imputato al 99%, ma è proprio quell’1% di scarto ad aprire innumerevoli dubbi non solo tra i giurati, ma anche tra i lettori, e nulla è più frustrante (e quindi più emozionante) di una certezza continuamente messa in discussione.
Ma anche il mondo del giornalismo cartaceo, quello di cui anche la Marklund fa parte, è molto cambiato. La pacchia, se c’è mai stata, è finita, e ora bisogna lottare se si vuole sopravvivere all’invasione del digitale, in un caos allucinante di verità, sospetti, bufale e attacchi violenti nascosti dietro IP (per ora) irraggiungibili. Ed è proprio con un romanzo in cui la tecnologia la fa da padrone, non a caso, che la Marklund mette fine alla tormentata storia di Annika, facendo convergere in un unico, attesissimo climax tutte le strade lasciate a metà negli episodi precedenti: il rapporto con la madre e la sorella, i problemi (non sempre evidenti ma di sicuramente di sostanza) con l’ex marito, l’episodio dell’altoforno con i relativi attacchi di panico, e soprattutto quel primo, indimenticabile caso che ha trasformato una semplice passione nel lavoro di una vita. Ce la farà Annika a tenere tutto insieme, lavoro, affetti e famiglia? Oppure, come nel più ricorrente dei suoi incubi, le ombre avranno la meglio?
Recensione di Elena Malvica
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