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Anno edizione: 2017
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A prima vista il libro di Stefano Nocentini appare come un classico romanzo storico e il sottotitolo porta a pensare a una delle storie dei tanti “ponti del diavolo” che troviamo sparsi per l’Italia (e non solo) da Lanzo Torinese a Civita, in Calabria, passando per Piacenza, Venezia, Lucca, Cividale del Friuli e Tolentino. Il prologo poi rischia di far ripetere al lettore la prima parola del suo titolo: “Ancora!!!” ritenendo la trovata del manoscritto tutt’altro che originale. Se però non ci si fa intimorire, e si legge, si viene gradevolmente coinvolti in un racconto scritto con un linguaggio piacevole e ricco, adatto e consono all’epoca cui dice di riferirsi; scorrevole ed al contempo permeato di un lessico non comune e intriso di citazioni classiche, normalmente in latino (con traduzione e precisi riferimenti alla fonte in nota) che non stonano, anzi rendono la lettura coinvolgente e stimolante. Il lettore, dopo alcune pagine in cui pensava di essersi immerso in una narrazione storica, seppur romanzata, si trova spiazzato progressivamente da annotazioni anacronistiche che lo portano prima a chiedersi come l’autore possa essere così “fuori dalla storia”, poi ad un sorriso di compiaciuto divertimento per l’arguta trasposizione dell’oggi nel ieri e non solo (il Vajont in Toscana!). Infernet, telefaxtur e PC (come acronimo di Parce Christe) e un’altra infinità di riferimenti attuali (da Tolkien a fatti e personaggi moderni), magistralmente inseriti in un Medio Evo tanto plausibile quanto fantastico (nel senso di opera di fantasia), sono di un’ilarità unica, assolutamente piacevole e, al contempo, estremamente funzionali all’allegoria che propongono. In sintesi un libro da leggere per il gusto di leggere… e non è poco.
È bello quando un autore riesce a coniugare una storia interessante, uno stile ironico e sottile, intuizioni complesse e perfino regolari citazioni storico-letterarie. Ne viene fuori una lettura non solo piacevole ma istruttiva, che fa sorridere e riflettere. Il primo libro della trilogia de La Farina del Diavolo ci parla di un’impresa così ambiziosa da scomodare il demonio stesso: la costruzione di un ponte che unisca finalmente le due sponde del feudo di Castiglion Che Dio Sol Sa, per la gioia e la gloria di un bizzarro (Gran)duca locale. Il protagonista della storia è un ingegnere dotato, ma anche uomo fragile che rifugge i suoi simili e preferisce la compagnia dei cani e l’immersione nella natura incontaminata. La sua storia di perdizione, ritrovata dall’autore nella biblioteca di un antico monastero del Sudtirolo e portata alla luce grazie a un ben riuscito espediente narrativo, si interseca con quella di diversi personaggi, ciascuno accuratamente delineato nelle proprie piccole o grandi manie. Il più importante di questi è di certo l’Abate-Conte Stephanus da Anterselva, sapiente fra i sapienti e santo fra i santi. L’abate è un filosofo e teologo radicale, che, oltre a sapere tutto, va oltre e ci delizia con elucubrazioni e imprese intellettuali notevoli, che richiamano e dialogano con giganti della letteratura e della filosofia. L’abate è anche l’agente risolutivo (e inconsapevole) della storia. Stefano Nocentini produce un’opera colta ma scorrevole, sofisticata ma gioviale, che si distingue anche esteticamente grazie ad un’apprezzatissima ricorrenza di miniature all’inizio di ogni capitolo, proprio come in un antico tomo trascritto da un amanuense. Non possiamo allora che augurarci una pronta uscita dei capitoli successivi della serie, sicuri che il grande tentatore, qualsiasi forma prenda, ne avrà in serbo delle belle. Dopotutto, come ci ricorda il proverbio italiano all’inizio del romanzo, la farina del diavolo va in crusca.
«So bene che daresti l’anima per la tua arte. L’hanno fatto in tanti prima di te, e adesso giochiamo tutti all’Uomo Nero, laggiù. Ma io non ho bisogno di patti per avere la tua anima. Tu sei il perfetto tipo del peccatore nato, lascialo dire a me che me ne intendo: quello che ogni diavolo sogna, quello che se non pecca oggi, peccherà domani! No, Mastro Oliviero, non mi interessa la tua perduta animaccia da quattro soldi, io voglio l’anima splendente di un innocente.» Chi è in realtà Mastro Oliviero dell’Armentara? Quale inconfessabile segreto nasconde? Appartiene davvero alla specie umana? Perché Satana è disposto ad aiutarlo a raggiungere i suoi obiettivi? Quale diabolico fine sta perseguendo il Maligno? Satana dopo millenni di tentativi ha trovato una falla nel DNA della specie umana; e gli basta una falla sola per precipitare tutta la specie nel baratro. Una volta modificato permanentemente il DNA, la sorte dell’umanità intera sarebbe segnata. L’abate-conte Stephanus da Anterselva, sapiente fra i sapienti, santo fra i santi, è l’ultimo ostacolo che si frappone alla catastrofe: riuscirà a sventare i demoniaci progetti che si vanno tessendo fra la Terra e le regioni infere? O verrà sopraffatto dalle forze infernali? E da che parte sta Jenovefa, la strega ninfomane? I protagonisti, sospesi fra realtà e fantasia, percorrono una Storia e una Geografia rivisitate, navigandovi senza vincoli di luogo, tempo e spazio. Come in un dipinto cubista, spazio e tempo si decompongono, si smagliano e si riaggregano. La coerenza artistica del racconto si sviluppa indipendentemente da ogni verosimiglianza fattuale; i personaggi di un secolo remoto s’incontrano con quelli dei secoli successivi, in un contesto verosimile ma onirico. Uno scintillante romanzo di Stefano Nocentini, sospeso fra realtà e fantasia, umorismo e cultura, che delizia il lettore per la forza dell'immaginazione e per la piacevolezza della scrittura.
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