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Nel romanzo, Roth tiene insieme questa materia incandescente con eccezionale maestria; i dialoghi veri tra i protagonisti si alternano a quelli letterari, creati dallo scrittore. Mentre i dettagli sulla malattia del secolo, il cancro, si susseguono con estrema spietatezza nelle pagine di Roth, insistendo sulla vecchiaia e sulla morte, temi leit motiv del libro, emerge la speranza che è legata alla pagina scritta, al libro come unica fonte di sopravvivenza per il vecchio scrittore. Ma ancora una volta New York, città amata e odiata, resta la protagonista involontaria della storia, a cui l’autore dedica queste poche intense righe: “Non esiste posto al mondo più mondano di New York, pieno com’è di tutta quella gente col cellulare che va al ristorante, ha relazioni amorose, va a caccia di impieghi, legge i giornali, si lascia consumare dalla passione politica, e io avevo pensato di fare marcia indietro dal luogo dove ero vissuto....”
Già il titolo presenta tratti inequivocabilmente eloquenti: come può un fantasma uscire di scena, se nessuno riesce a percepirne la presenza? Il "non vissuto" rappresenta la nostra rovina, inutile riprovare a rivivere esperienza che la mancata giovinezza non potrebbero più farci realmente apprezzare... Il tempo rovina tutto e quando è coadiuvato dal rimorso, è letale.
L'ultima epifania di Nathan Zuckermann ha le forme di un eptamerone e il tenue cromatismo di un'elegia del tramonto. I sette giorni che il principale alter ego di Roth decide di trascorrere in una ipernevrotica Manhattan sembrano infatti avere lo scopo di convincere lo stesso personaggio che ormai anche la sua ora è giunta. Chi tanti anni prima aveva incarnato l'autorità intellettuale quasi paterna non c'è più da molto tempo; chi potrebbe aiutarlo a ricordare come era la vita prima non può farlo perché la malattia lo impedisce; chi risveglia in lui il principio di piacere finisce per essere anche il suo boia, perché lo costringe involontariamente a prendere atto dell'insostenibilità del desiderio a causa del declino del corpo, a cui si sta aggiungendo quello della mente. Perfino i ristoranti e i negozi non sono più gli stessi, nella New York City che sta votando per il secondo mandato di George W. Bush. L'amplificazione romanzesca della condizione umana dovrebbe allora essere evitata, in un mondo ormai indifferente a queste cose, ripete Zuckermann a se stesso. E invece no, perché «per pochissime persone questa amplificazione costituisce la loro unica sicurezza, e il non vissuto, la supposizione impressa per esteso sulla carta, è la vita il cui significato arriva a contare di più» (cap. 2). E allora addio Nathan, il tuo non vissuto finisce qui.
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