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Recensioni La fabbrica della felicità. Romanzo avvelenato

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In un paese del Sud nasce la fabbrica della felicità. Così la chiamavano i figli di contadini e pescatori, che abbandonavano la terra e la pesca: facevano un corso e il commendatore li assumeva a fare concimi. In tanti si fecero la casa, la Fiat 600, i figli a scuola. Ma nel 76 lo scoppio di un impianto rilascia in paese tonnellate di arsenico. Negli anni '90 il male moderno infioretta con parole irripetibili le diagnosi dei medici: Anche Maurizio Russo si ammala. Ma il suo punto di osservazione era cambiato: ora cercava la verità. Con l'aiuto di un giovane medico inizia una ricerca sulle cause delle malattie. Stai sputtanando il commendatore, gli dicevano, e lui: ho la coscienza a posto. Comincia il processo. Ma la giustizia dei più forti calpesterà la verità storica e una nuova stagione di emigrazione si aprirà per i giovani. Esempio di letteratura civile di grande forza sociale, con questo romanzo etico l'autore si china su un'Italia dimenticata e restituisce alla scena pubblica la memoria di volti e voci capaci di infrangere i muri della rassegnazione e dell'ingiustizia. Prefazione di Gianni Vattimo. )
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