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Etica della scienza pura è una ricerca storica tesa a ricostruire il codice etico che regola de facto la ricerca scientifica. Percorrendo un arco temporale che va dai miti dell’Antichità al transumanesimo, Riccardo Campa mostra che la scienza ha precisi presupposti ideologici, ma tali presupposti non ne minano affatto lo status epistemologico. La ricerca scientifica risulta infatti permeata da specifici valori morali, senza i quali non sarebbe possibile. Approfondendo sul piano storico una ricerca già iniziata dal sociologo Robert K. Merton, tra le due guerre mondiali, l'autore codifica le norme che concorrono a formare l’ethos della scienza, ponendo l'accento soprattutto su: disinteresse, abnegazione, universalismo, comunismo epistemico, scetticismo organizzato, edonismo cognitivo, dotta ignoranza, originalità, chiarezza, aggiornamento, potenziamento cognitivo. Il saggio evidenzia anche l’ostilità che gli uomini di scienza hanno dovuto costantemente fronteggiare per affermare il proprio ruolo sociale. Se moltissimi scienziati hanno insistito sulla propria neutralità ideologica, piuttosto che rendere esplicito il proprio codice etico, è stato perché hanno dovuto mettersi al riparo da critiche e persecuzioni. D’altro canto, presentare la scienza come carente sul piano dei valori etici è anche la strategia dei soggetti ostili. Al meglio, essa è da questi vista come un mero strumento per risolvere problemi pratici. Per queste ragioni sarebbe nato lo stereotipo della scienza neutrale, muta sul senso dell’esistenza, sul destino dell’uomo, sulle grandi scelte esistenziali. E per le stesse ragioni si è diffusa l'idea che, lasciata a se stessa, la scienza non può che cadere vittima di interessi politici, economici e militari. L’autore, pur non negando che l’impresa scientifica è talvolta viziata da comportamenti immorali come frodi e plagi, sostiene che - nelle sue punte più alte - può addirittura elevarsi a modello etico capace di orientare i comportamenti umani in altri ambiti della vita.
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