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Scritti fra il 1944 e il 1985, questi racconti narrano della resistenza tedesca a Hitler, di esilio in Francia, di collaborazionisti e maquisard negli anni di Vichy, dell’inquietante compresenza di letteratura e morte. Nel racconto “Il sottotenente Yorck von Wartenburg”, il primo della raccolta, Hermlin ci descrive gli ultimi istanti di un condannato a morte, uno degli ufficiali che parteciparono all’attentato a Hitler il 20 luglio del 1944, il quale vive in un’atmosfera sospesa fra realtà, sogno e allucinazione l’impossibile fuga, il ricongiungimento con i propri affetti e il riscatto della Germania. Protagonista del racconto che dà il titolo al volume – “L’età della solitudine” – è l’esule tedesco Neubert, che nella cella della Milizia di Petain rivive – in uno scorrere dei piani narrativi fra presente e passato – la propria relazione con Magda nella Francia occupata, la sua morte e la vendetta. Non manca nel libro una sorta di humeur noir, come nel racconto dal paradossale titolo “Arcadia”, dove un giovane traditore del maquis, pur accettando la sentenza capitale, contesta al tribunale popolare la scelta della corda: è troppo sottile per i suoi 82 chili. E infatti cederà, e l’esecuzione dovrà essere ripetuta, fra il canto degli uccelli sui rami dell’albero-capestro. Non meno paradossale è l’equivoco su cui è costruito il racconto “Uno scrittore famoso”: in un bistrot parigino Louis-Ferdinand Céline, riconosciuto in Hermlin un tedesco, si complimenta con lui per “il suo geniale, straordinario Fuehrer”, soggiungendo “verrà il giorno in cui metteremo al muro ebrei e bolscevichi e la Francia si libererà di loro”. Alla risposta chiarificatrice dell’esule, “il suo sguardo ancora pieno di entusiasmo e simpatia divenne sgomento e immobile, cercò qualcosa di adeguato da dire e a fatica gli uscì infine un alquanto misero – Ah, bon… – Girò sui tacchi e scomparve. Non l’ho mai più rivisto”.
scheda di Covini, E., L'Indice 1992, n. 3
Gli otto racconti de "L'età della solitudine", originariamente pubblicati in volumi distinti, si presentano come un'antologia monografica sul periodo nazista, nelle sue implicazioni collettive e personali: la guerra, la resistenza, l'esilio. Una percepibile tensione utopica anima i primi racconti, nonostante i drammi umani che vi si consumano. L'impegno civile e l'adesione ai valori del socialismo appaiono l'unica possibile catarsi per la Germania, complice della dittatura; Mosca e la Russia rappresentano la terra promessa dove onore, fedeltà e dovere sono ancora nobili parole. La caduta del nazismo è una discriminante evidente. Mentre per l'ufficiale cospiratore Yorck di Wartenburg, nel racconto omonimo del 1944, il solo destino pensabile è la morte, l'esule Neubert, nella storia del titolo, può riscattare il dolore e le prepotenze subite nella nuova patria comunista: è il 1948, Hermlin si è da poco trasferito a Berlino est. I racconti successivi, scritti dopo il 1964, sono in forma autobiografica: gli anni di Hitler appartengono al ricordo, dalla memoria riemergono figure spesso sinistre ed episodi al limite del grottesco. Il paradosso è il vero paradigma dell'esistenza umana, mentre sempre più tenue appare il collegamento tra i fatti e il loro contesto storico. Dall'entusiasmo rivoluzionario, all'ardore politico, fino alla disillusione, mano a mano che ci si avvicina ai nostri giorni, sembra di poter leggere in questi racconti la parabola spirituale non solo di Hermlin, ma di molti autori della ex Ddr. È una testimonianza interessante, soprattutto in un momento in cui, a due anni dalla caduta del Muro, ancora tacciono tutte le voci migliori dell'allora Repubblica Democratica.
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