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Apparso in Francia nel 2002, il libro di Amiel riflette sul montaggio come fenomeno chiave della creazione cinematografica e analizza le differenti prospettive che in vari periodi hanno caratterizzato tale operazione, considerando sia le implicazioni di tipo artistico, sia le esigenze di tipo narrativo e le potenzialità tecnologiche.
Dal testo appare evidente che il montaggio cinematografico non possa ridursi a un'operazione tecnica, secondo una logica puramente aggiuntiva, che fa seguire un'inquadratura a un'altra. Per Amiel "montare" significa soprattutto "creare", ovvero concepire il film attraverso l'associazione di immagini, in senso mentale prima ancora che fisico.
Nato a fine Ottocento, il cinema si è inserito a pieno titolo in quella che Amiel chiama estetica del frammento, ovvero una concezione del montaggio che scompone forme tradizionali per cercare di costituirne di nuove: limitandosi a esempi francesi (un limite che spesso caratterizza la saggistica d'Oltralpe), il testo cita, tra le altre, le opere di Picasso e Braque, le sculture di Rodin, le poesie di Mallarmé. Oltre l'unità dell'opera, nel Novecento si valorizza piuttosto il suo frazionamento: non a caso, forme narrative coeve come il cinema e il fumetto hanno connaturata in sé la frammentazione in inquadrature e sequenze come processo realizzativo di base.
A partire da queste considerazioni, il libro analizza le grandi tappe della storia del montaggio, optando intelligentemente non tanto per una suddivisione cronologica, ma piuttosto identificando tre grandi tipologie che spesso hanno coesistito nel medesimo periodo, secondo logiche estetiche, linguistiche e narrative. Si tratta del montaggio discorsivo, che gioca sull'articolazione lineare per dare un senso di continuità e di evidenza del racconto, come accade nel cinema classico; poi del montaggio discorsivo, che opta per la contrapposizione delle inquadrature in senso critico, come accade nel cosiddetto cinema d'autore, dai formalisti russi alla Nouvelle Vague; infine, del montaggio per corrispondenze, che insiste su procedimenti di tipo più poetico, ricchi di suggestioni ed echi tra le immagini, stimolando più la percezione soggettiva che il senso compiuto, tipico di molto cinema contemporaneo e soprattutto dei brevi formati, dai videoclip musicali agli spot pubblicitari.
Ricco di analisi testuali sintetiche ma efficaci, il libro pone a confronto autori come Griffith, Ejzenstejn, Welles, Hitchcock, Resnais e Kieslowski, offrendo al lettore molti spunti per riconnettere il piano del linguaggio con quello della tecnica, ma sopratutto per cogliere che dietro ogni scelta stilistica emerge una visione del mondo. Che il montaggio propone in modo unitario, ma solo dopo aver esplicitato la frammentarietà come principio chiave di ogni processo creativo.
Michele Marangi
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