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Anno edizione: 2021
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L'estate del sessantanove è stata per me una piacevolissima scoperta. Il libro è un affresco della storia ungherese, quella del '900, osservata dal punto di vista delle esistenze quotidiane dei singoli che spesso subiscono la Storia pur partecipando al suo divenire. Il filo conduttore, la storia della giovane Guzü e della sua famiglia, non è però che un'occasione, la narrazione si dirama in tante direzioni e regala al lettore un romanzo corale, composto da tanti attimi fermati nel tempo e da tante storie che nel loro insieme si intersecano ed evocano le atmosfere di giorni lontani, restituendole al lettore intatte e suggestive. L'autrice ha il raro dono di narrare la Storia con pochi tocchi, senza calcare la penna, suggerendo immagini, fissando in poche frasi un'epoca e, soprattutto, con il talento che sa dar conto delle ricadute dei grandi eventi nella vita degli individui, ma anche con la sensibilità necessaria a trasmettere lo stato d'animo dei singoli. La sua è una scrittura delicata e poetica che, sul filo della memoria, non si esaurisce nel semplice ricordo né nella sola cronaca, ma si presenta composita e ricca, come una melodia capace di indurre nell'ascoltatore una pluralità di sensazioni. È un libro colto che testimonia la ricchezza della cultura ungherese e che sa incuriosire con i suoi spaccati di vita, oltre a toccare grandi temi, come l'antisemitismo e la disillusione nei confronti, non del comunismo e dei suoi valori, ma della sua realizzazione che ne ha tradito le potenzialità. Per la ricchezza dei rimandi, per la sapienza nel coniugare le storie con la Storia nella consapevolezza del continuo scambio tra macro e microcosmo, L'estate del sessantanove mi ha riportato alla mente l'indimenticabile Lessico famigliare di Natalia Ginzburg, un'associazione di emozioni. Andrea Rényi ha scritto un libro prezioso, pervaso da una profonda dignità, che va a coprire un vuoto, quello della storia ungherese, così poco rappresentata nel panorama letterario italiano.
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