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Anno edizione: 2020
Anno edizione: 2020
Mescolando personal essay e critica culturale, attraversando la Londra di Brexit e i territori dell’Antropocene e spaziando tra letteratura, arte e storytelling politico, Essere senza casa estende il discorso iniziato da Mark Fisher in The Weird and the Eerie sulla condizione di vivere in tempi strani. Il punto di partenza è dunque la consapevolezza che l’unico modo per abbracciare la stranezza del presente, la weirdness dentro e fuori di noi, sia quello di comprenderne il significato storico, psicologico e culturale.
Viviamo in tempi strani. Il nostro mondo è scosso da ondate di populismo nichilista e terrorismo, proiettato in un futuro fantascientifico di viaggi su Marte e transumanesimo, minacciato dall'apocalisse climatica: il nostro mondo sembra, insomma, essere sfuggito al controllo. In questo decennio, senza davvero accorgercene, siamo entrati nell'epoca ipermoderna, un'era fatta di accelerazione vertiginosa e orizzonti postumani in cui i contorni familiari della realtà sono mutati troppo rapidamente perché riuscissimo a stare al passo. Dalla Brexit al riscaldamento globale, dalle migrazioni di massa alla ricerca di vita nel sistema solare e oltre, l'intima stranezza dell'ipermodernità ci parla di un progressivo indebolirsi del senso di casa come luogo protetto dalle minacce dell'esterno. Oggi viviamo una crisi dell'abitare reale e metaforica, esposti alle logiche del capitalismo digitale e alle minacce di un'oscurità dove i significati umani smettono di esistere. È su questa soglia tra umano e macchina, umano e animale, interno ed esterno, che prolifera la stranezza dei nostri tempi.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Questo libro e' costituito da "pezzi" gia’ pubblicati, come da consolidata tradizione di tanti intellettuali italici. 4 articoli di estetica e critica letterario-cinefilo-televisiva. Le osservazioni sono banali, la prosa purtroppo non lo e'. "Oggi il postmoderno ha lasciato il posto all'ipermodernita', (…), ma la lyotardiana sfiducia nelle metanarrazioni sembra essere piu' pronunciata che mai". L'unico capitolo salvabile avrebbe pututo essere quello legato alle vicende personali dell'autore, che potrei riassumere in un lamento: "Sono di Torino, mi sono trasferito per lavoro a Londra e in questa citta' carissima, scopro di non potermi comprare casa. Che ingiustizia." Ma no. Prevedibilmente, l’intellettuale trasforma il suo lamento individuale nel latrato di una generazione / classe sociale. Perche’ cercare le cause di problemi complessi, quando si puo’ trovare un colpevole di comodo? Il "capitalismo", e la gestione del sindaco Boris Johnson, colpevole di aver attratto a Londra miliardari che iniettassero soldi nell'economia locale, invece, che so, di tassare gli inglesi per costruire case da vendere a buon mercato a immigrati torinesi. A Londra, di ondate di immigrati ce ne sono state tante. Sbarcati senza avere un lavoro, a volte senza parlare la lingua. A spaccarsi la schiena nelle acciaierie. Afflitti da decenni di razzismo. Il nostro autore, invece, atterra su un volo low cost, la lingua la parla, il lavoro ce l'ha gia' in tasca, di razzismo non sentira' mai l'effetto. E quindi cosa fa? Si lamenta. E non capisce neanche che il "capitalismo" e’ cio’ che gli ha permesso di trovare lavoro a Londra da casa sua, senza rischiare niente. Di pagare quattro soldi per un volo. Perfino di pubblicare un libro a tiratura irrisoria, possible solo grazie alla stampa digitale degli ultimi anni. E questa e' l'ironia di un libro che di ironia avrebbe molto bisogno. Un altro della generazione che di mestiere si lamenta. In questo senso, si’, viviamo in tempi davvero strani.
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