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scheda di Viacava, A., L'Indice 1996, n. 4
Tra i molti appunti che Winnicott lasciò alla sua morte, vi era l'inizio di un'autobiografia che la moglie Clare lo sollecitò a scrivere. Il titolo era Non meno di tutto, subito sotto c'erano due citazioni di T.S. Eliot: "Costando non meno di tutto" e "Ciò che chiamiamo inizio è spesso la fine / e finire è spesso cominciare. / La fine è il punto da cui partiamo". C'è poi una preghiera di Donald W. Winnicott: "Oh Dio! Possa io esser vivo quando morirò".
L'autobiografia inizia con la descrizione immaginaria della sua morte, e lì si ferma, forse perché Winnicott guardava avanti, alle esperienze che stava facendo o che stava per fare, con interesse e fiducia e soprattutto voglia di giocare, e dunque non aveva tempo per compiacersi nel guardare indietro. Questo libro, in realtà, è una raccolta dei materiali di argomento psicoanalitico trovati nel suo studio, alcuni inediti, altri usciti per lo più su riviste.
L'affettuosa prefazione di Clare parte proprio da lì: dall'irriducibile voglia di gioco che è il tratto fondante del carattere di Winnicott, che gli permise di entrare in contatto con gli aspetti anche più dolorosi e spaventosi del mondo interno proprio e altrui utilizzando quello che chiamò "spazio transizionale", popolato di "oggetti transizionali", per operare le più varie specie di giochi-transizioni che permettessero di maneggiare, riconoscere, trasformare l'angoscia.
Gli scritti raccolti in questo volume sono della più varia natura, una vera miniera: da La disillusione precoce del '39, a "La paura del crollo" del '63, a "L'esperienza di mutualità tra madre e bambino" e "La follia della madre che appare nel materiale clinico come fattore ego-alieno" del '69: Winnicott già allora poneva le basi (ma prima di lui non bisogna dimenticare S ndor Ferenczi) delle tendenze di ricerca più attuali: l'attenzione alla relazione e la trasmissione intergenerazionale di materiali psichici inconsci. Del '70 è "Le basi del sé nel corpo", altro argomento di grande attualità affrontato con più di vent'anni di anticipo. Una serie di scritti, di cui solo alcuni già editi, sviluppano i temi centrali del lavoro di Winnicott: il gioco, la scissione tra elementi maschili e femminili, l'uso di un oggetto. In particolare nel saggio sull'uso di un oggetto, conclusivo del suo teorizzare, Winnicott esplicita la necessità di accettare gli impulsi crudeli e distruttori inconsci come fonte di mantenimento della necessaria separatezza dall'oggetto, attento alla reciproca libertà.
Di grande interesse le recensioni ai lavori di altri analisti che spaziano da Sigmund e Anna Freud a Marion Milner, W.R.D. Fairbairn, John Bowlby, Michael Balint, Joseph Sandler, Harold Searles, Carl Gustav Jung, Erik Erikson, e, soprattutto, Melanie Klein.
Il libro si chiude con gli scritti degli anni quaranta e cinquanta in cui Winnicott dichiarò tutta la sua preoccupazione per le cosiddette terapie fisiche dei disturbi mentali: la per fortuna ormai desueta leucotomia, ma anche l'elettroshock, purtroppo tornato alla ribalta.
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