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scheda di Meliga, W., L'Indice 1989, n. 7
Nella lunga storia della fortuna della favola di animali nel Medioevo occidentale, attraverso compilazioni che da Fedro raggiungono l'età carolingia e il secolo XII, i volgarizzamenti italiani occupano un posto particolare. Si tratta di un'ampia tradizione, costituitasi fra la fine del Duecento e il Quattrocento, nella quale emergono caratteri e valori intimamente legati al nuovo mondo cittadino che in Italia si era sviluppato. Dalla redazione dipendente da una raccolta esopiana in versi latini messa insieme da un certo Walter d'Inghilterra, Vittore Branca presenta una versione toscana estratta da un codice della Biblioteca Riccardiana di Firenze. Rispetto alla tradizione favolistica latina e a quella volgare di Francia o di Inghilterra, nell'"Esopo toscano" è mutato il referente sociale, l'ambito di applicazione della morale pratica che il testo ammannisce ai suoi lettori. Il quadro offerto, nei confronti di quello dei vari "Ysopet", è decisamente diverso: al mondo signorile e feudale, riconoscibile nel travestimento (o nel rovesciamento come nel "Roman de Renart") animale qui si sostituisce quello borghese e fratesco delle città. È una colorita realtà di mercanti grandi e piccoli, di frati degli ordini mendicanti - i protagonisti della vita cittadina del Trecento italiano - quella che viene narrata attraverso le storielle delle antiche favole. Per essi l'anonimo volgarizzatore ne esplicita il significato con minuzioso riguardo a una morale spirituale e a una temporale: l'altra faccia, esemplare e didattica, della grande novellistica da Boccacio a Sacchetti.
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