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Anno edizione: 2016
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Letto tutto d'un fiato, un reportage che lascia a volte sconcertati, linguaggio semplice e diretto.
La prima cosa che colpisce di questo libro è la volontà dell'autore di provare, sulla propria pelle, il viaggio disperato dei migranti verso le nostre terre. Quirico incontra le persone, vede e vive i luoghi di partenza del nuovo grande esodo mondiale e attraverso il contatto umano racconta stralci di storie concrete che formano un'unica grande risposta alla domanda sul perché di questi viaggi: la speranza di una vita umana riconosciuta come tale. In queste pagine non si trovano le ragioni economiche, filosofiche, geopolitiche o strategiche per le quali dovremmo accogliere ingenti numeri di migranti: dalle storie di dolore indicibile e di potente desiderio di vita che Quirico ci racconta, si capisce che l'unica risposta è proprio nel loro essere ultimi e nell'occasione che per noi rappresentano, di tornare ad essere umani. Se queste storie non sono raccontate non esistono e allora ci possiamo anche dimenticare di chiamare fratello o sorella chi è in pericolo di vita: veniamo meno ad un principio basilare dell'umanità. Quirico non compone giudizi articolati ma la sua prosa vibrante mette il lettore di fronte alla più grande tragedia umanitaria del nostro tempo, spezzettandola in tante piccole storie fra le quali, un giorno potrebbe anche esserci la nostra. Unico difetto del libro, si vorrebbe continuare ancora questo viaggio, fatto di volti e incontri.
A Quirico manca la dote maggiore del cronista: la sobrietà. Travolto da milioni di aggettivi, il lettore rischia di perdere il contatto con la tragica realtà.
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