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L'ultimo libro di Benny Morris tradotto in italiano non è altro che la rivisitazione della prima opera che lo rese celebre in tutto il mondo e gli procurò parecchi problemi in patria. Il testo approfondisce le tesi sulle responsabilità israeliane nell'esodo palestinese del 1947-1949. Negli ultimi quindici anni è stato del resto possibile consultare materiali inediti provenienti dall'Archivio di Stato israeliano riguardanti le riunioni di gabinetto del 1948-1949 e l'archivio dell'esercito di Israele Tsahal e dell'Haganà, interdetti in precedenza a coloro che non appartenevano al ministero della Difesa.
Molto interessante è la cartina in apertura del testo con la collocazione di 377 villaggi arabi che, prima del maggio 1948, si trovavano nel territorio dell'attuale stato di Israele. Per ogni villaggio è segnata la causa dell'abbandono da parte della locale popolazione araba. Morris ha individuato cinque cause principali: abbandono sulla base di ordini arabi; influenza giocata dalla caduta della città vicina; espulsione da parte delle forze ebraiche; paura di un coinvolgimento nei combattimenti; aggressione militare sull'insediamento; campagna diffamatoria mediante passaparola da parte delle forze armate ebraiche. Le ragioni dell'esodo vengono dunque allargate e sfuggono ormai alla vulgata ufficiale dei due nazionalismi.
La recente svolta conservatrice non pare aver influenzato lo storico israeliano, sempre molto attento ai documenti e dotato di un rigore dal taglio quasi positivistico e alieno da ogni moralismo. Il libro presenta un capitolo aggiuntivo che non compariva nella precedente edizione mai uscita in italiano. Il capitolo in questione riguarda il concetto di "trasferimento" di popolazione al fine di risolvere la questione araba. L'espulsione organizzata, compensata, o forzata, come poi avvenne in alcuni casi, fu accarezzata da più parti, sia nelle cancellerie inglesi (il ministro degli esteri britannico Ernst Bevin) che in quelle americane. Morris riporta dichiarazioni volte al trasferimento compensato da parte di Herzl, Zangwill, Sharett e Ben Gurion. Proprio il capitolo sul trasferimento e alcune citazioni di Ben Gurion, tagliate e ricucite da Morris, hanno suscitato le critiche del direttore del Mediterranean Studies Programme del King's College di Londra Efraim Karsh. Questi è il più serio e documentato critico delle tesi di Morris e dei nuovi storici israeliani E le critiche sono state effettuate in articoli sulle riviste specializzate e in un importante tesato del 1997 dal titolo Fabricating Israeli History . Morris ha reagito alle contestazioni del suo collega, ammettendo peraltro di aver riportato, in alcuni casi, le citazioni di Ben Gurion in maniera non adeguata. Ma la polemica continua. Sarebbe interessante avere in Italia una traduzione del libro di Karsh o di alcuni dei suoi articoli sul "Middle East Quarterly" per comprendere a fondo il dibattito sul più complesso nodo storiografico della storia politica e territoriale del Medioriente.
Paolo Di Motoli
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