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Entrare nel laboratorio di un grande autore è una straordinaria avventura, un'occasione unica per osservarne l'opera e apprezzarne gli sviluppi da una prospettiva privilegiata. Erratici ci offre una serie di poesie di Andrea Zanzotto pubblicate nelle più varie sedi tra il 1937 e il 2011 e mai confluite nei suoi libri, testimonianze fedeli della vivacità e dell'operosità della sua officina poetica.
L'esplorazione dell'archivio privato in cui il poeta spesso teneva traccia o a volte copia delle sue pubblicazioni occasionali, assieme alla esplorazione sistematica di annate di quotidiani e riviste, ha infatti consentito di espanderne il corpus di un centinaio di poesie, da quelle adolescenziali risalenti agli anni del liceo (1937-38), improntate a un sostanziale pascolismo psicologico, ai versi di impostazione civile (1946) legati agli eventi della Resistenza. Se le poesie successive delineano l'evolversi dell'esperienza poetica zanzottiana fino a quel primo acuminato vertice toccato da Vocativo, quelle degli anni Sessanta ne dilatano l'orizzonte del sapere e del dire tra classicismo, caustica ironia e inclinazione sperimentale, proiettandosi verso i grandi esiti di La Beltà. Ed eccoci poi alle prime e già mature ricognizioni in versi sul dialetto (precedenti l'edizione del poemetto Filò e la composizione dei testi per il Casanova di Federico Fellini), fino alle prove quanto mai varie degli ultimi decenni, quando il soggetto lirico zanzottiano «si diffrange identificandosi con gli enti minimali del paesaggio», o con gli indizi del suo «"accadere" nella pagina, esitante tra silenzi e "promesse" di senso» (Francesco Carbognin). Siamo già nel pieno della stagione lirica inaugurata dal Galateo in Bosco, cui fanno da contrappunto i sorprendenti sonetti, gli epigrammi e le poesie a tema erotico degli ultimi anni. Questi erratici – in geologia: blocchi di roccia trascinati a valle dai ghiacciai – ci invitano a ripercorrere, per sentieri a tutt'oggi inesplorati, l'itinerario di un assoluto protagonista della nostra poesia – della nostra cultura tout court – tra secondo Novecento e albori del nuovo millennio.
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La poetica di Andrea Zanzotto è ricordata per l'accentuata complessità, per lo sperimentalismo formale, che è funzionale al ribaltamento dei valori della società industriale. Il progresso porta con sé degradazione, rovine socio-ambientali, psico-spirituali, per cui si rende necessario, secondo la visione del poeta trevigiano, rivangare il passato, inventare scenari diversi, mitizzarli in qualche modo pur di espungere i sintomi di un disastro umanitario frettoloso inesorabile. Di seguito alcune strofe: ''Spuntano tombe e campane, dilaga da lapidi e fronti troppo lisce pace e sgomento. Forse solo l'affanno e il gridio dei bambini e la trombetta che scavalca i monti, forse solo l'amore. Oh come, come vi parlerò? Ma forzo il cuore, forzo gli occhi a accendersi, ad accendere la vita.''
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