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me lo aspettavo molto piu' grande come libro ma molto bello
Dopo lo strabiliante successo editoriale di “Prometto di sbagliare”, Pedro Chagas Freitas, scrittore portoghese, ritorna alla ribalta con il romanzo “Era te che cercavo” (Garzanti, 2017, 160 pp.). Un matrimonio fallito, dove il disinteresse per la moglie è diventato una costante, Carlos, fotografo, vaga per la città immortalando con i suoi scatti le persone. In ogni scatto della sua reflex vede un volto di donna, il volto che diventerà la sua ossessione, il suo incubo. Da quell’istante, il suo scopo sarà quello di rintracciare quella donna. “Estrasse il fazzoletto dalla tasca, se lo passò sulle tempie, sulla fronte: su tutto il viso. Nulla arrestava il sudore. E, peggio ancora, nulla gli toglieva dagli occhi quell’immagine, quell’immagine che sembrava impossibile, venuta fuori dagli spazi più remoti della sua immaginazione. Era lì. Era ancora lì”. Certo, Carlos potrebbe fuggire da tutto questo, ma non ne ha le forze, anche perché significherebbe fuggire da se stesso. Sarà un percorso lungo e angoscioso il suo, fatto di speranza e perseveranza che non accennano mai a scemare. Una narrazione, quella di “Era te che cercavo”, con una fitta componente di monologhi interiori e flussi di coscienza, dove alcuni passaggi richiedono una pausa riflessiva, così come altri sono talmente piacevoli che terminano in un batter d’occhio. Il ritmo della storia è incalzante, a volte quasi incomprensibile, ma invece c’è tutto quello che serve, e lo scorrere del racconto tiene per mano i pensieri di Carlos, pensieri che traggono origine dal suo inconscio, che come un ecoscandaglio cerca di individuare i “relitti” nell’abisso della sua coscienza. È la speranza il motore che muove l’azione di Carlos, e chi ha speranza è oltremodo motivato e non indietreggia di fronte alla paura, poiché avere speranza significa coltivare la felicità. È così che pare appropriata una citazione di Pedro Chagas Freitas, il quale afferma: “Meglio un Titanic affondato che una nave che non va da nessuna parte”.
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