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È ora di ricostruire come siamo arrivati fin qui. Al diritto di offenderci, al dovere di indignarci.
«Guia Soncini attacca con sapiente divertimento il mondo stupido, rozzo, dittatoriale, senza gioia, che noi stessi stiamo creando, il mondo appunto della suscettibilità» - Natalia Aspesi, il Venerdì di Repubblica
«Solo Guia Soncini poteva trovare le parole, mettere in fila i racconti, per razionalizzare e catturare questo nostro tempo offeso» - Annalena Benini, il Foglio
«Un libro di cui non potrete fare a meno di parlare a chi vi sta a cuore» - Concita De Gregorio, D - la Repubblica
«Un libro ilare e feroce» - Michele Serra, la Repubblica
Basta un niente: una canzone di cinquant'anni fa, un film ambientato a metà dell'Ottocento, una battuta di oggi - eccola che arriva, l'indignazione di giornata, passatempo mondiale, monopolizzatrice delle conversazioni e degli umori. Ogni mattina l'essere umano contemporaneo si sveglia e sa che, al mercato degli scandali passeggeri, troverà un offeso fresco di giornata, una nuova angolazione filosofica del diritto alla suscettibilità, un Robespierre della settimana. La morte del contesto, il prepotente feticismo della fragilità, per cui «poverino» è diventato l'unico approccio concesso, e l'epistemologia identitaria, per cui l'appartenenza prevale su qualunque curriculum di studioso, sono solo alcuni tra i fenomeni più evidenti e dirompenti degli ultimi anni, con effetti pericolosi e grotteschi che in altri secoli erano occasionale damnatio memoriae e ora sono quotidiana cancel culture. Guia Soncini si interroga sulle origini di quest'eterno presente in cui tutto ciò che non ci rispecchia alla perfezione sembra una violazione della nostra identità. Ricorda le opere che avevano previsto la dittatura del perbenismo, dal solito Orwell al romanzo di Philip Roth La macchia umana, «la matrice di tutti i disastri d'incomprensione e suscettibilità»; contesta il ruolo dei social come amplificatori di dissenso e indignazione; individua alcune preoccupanti implicazioni politiche: se a sinistra si perde la capacità di non considerare la fine del mondo ogni parola sbagliata, che ne sarà della libertà d'espressione? Rimarrà solo alla destra lo spazio per dire di tutto, e non passare le giornate a sentirsi feriti da ogni maleducazione?Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Il libro della Soncini, a una prima lettura, può risultare un po' ostico per la prosa, che imita molto il parlato di chi vuole sbertucciare coloro che, invece, con aria tronfia porta avanti finte battaglie progressiste. In un'epoca in cui ci riempiamo la bocca di parole come antifascismo, antirazzismo, antimaschilismo, tolleranza, inclusività, ecc.... oggi come oggi basta un niente a scatenare un tribunale mass-mediatico contro un'opera letteraria, una canzone, una pubblicità o un personaggio storico perché le cose summenzionate vengono decontestualizzate rispetto al contesto in cui sono state prodotte o sono nate, perciò la sequela di critiche sui sociali - che chiede a gran voce o la censura di una pellicola o l'immediato licenziamento di chi ha osato esprimere un parere dissenziente dal pensiero unico dominante - prolifera, salvo poi - a causa della povertà di tali critiche - dirottarsi sul nuovo scandaletto del giorno, dimenticandosi di ciò per cui ci si era indignati ventiquattro ore prima. Il tutto nasce da quello che l'autrice definisce il "feticismo della debolezza" che trae origine da un spot di uno shampoo ("perché tu vali") o dal "Diario di Bridget Jones" in cui passa il messaggio che noi dobbiamo essere accettati per quello che siamo a prescindere: ciò non ci porta più a tentare di migliorarci, anzi, se qualcosa non va, è sempre colpa di qualcun altro, mentre, un tempo, si faceva lo sforzo per provare a migliorarsi; se poi qualcuno osa pronunciare una frasetta (decontestualizzata, naturalmente) che va a offendere le supposte minoranze, ecco che scatta la fiammata scandalistica del web, che si smorzerà nel giro di una giornata. L'unico modo per i malcapitati di sopravvivere a questi nuovi tribunali, come dice Justine Sacco, è: "Non fare niente, non twittare, non rispondere. Sii un inerte grumo di molecole, mentre il mondo attorno a te cade a pezzi".
Guia Soncini è una penna brillante, consapevole di esserlo, per questo certe sue affermazioni roboanti e caricate, talvolta decisamente eccessive e sarcastiche, rientrano tanto nel campo delle caratteristiche stilistiche quanto in quelle delle affermazioni personali. In questo saggio-instant book analizza come siamo giunti nell’epoca del woke, della collettiva e perenne indignazione, dell’insulto facile, ma anche del vittimismo. Pare, in definitiva, che il mondo abbia perso la ragione e la ragionevolezza, (molto) complici i social e il trasversale e internazionale politically correct, che conta come un limite alla libertà di espressione.
Basta un niente: una canzone di cinquant'anni fa, un film ambientato a metà dell'Ottocento, una battuta di oggi - eccola che arriva, l'indignazione di giornata, passatempo mondiale, monopolizzatrice delle conversazioni e degli umori. Ogni mattina l'essere umano contemporaneo si sveglia e sa che, al mercato degli scandali passeggeri, troverà un offeso fresco di giornata, una nuova angolazione filosofica del diritto alla suscettibilità, un Robespierre della settimana. La morte del contesto, il prepotente feticismo della fragilità, per cui «poverino» è diventato l'unico approccio concesso, e l'epistemologia identitaria, per cui l'appartenenza prevale su qualunque curriculum di studioso, sono solo alcuni tra i fenomeni più evidenti e dirompenti degli ultimi anni, con effetti pericolosi e grotteschi che in altri secoli erano occasionale damnatio memoriae e ora sono quotidiana cancel culture. Se a sinistra si perde la capacità di non considerare la fine del mondo ogni parola sbagliata, che ne sarà della libertà d'espressione?
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