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"Qualunque cosa la mente umana si trovi a dover comprendere, l'ordine ne è una indispensabile condizione": con queste parole si apre il saggio di Arnheim, che non ha mancato di sollecitare riflessioni e discussioni fin dall'anno della prima pubblicazione e ha dimostrato una fertilità e una ricchezza di stimoli che si ripropongono ancora inalterate.
Indice
"Qualunque cosa la mente umana si trovi a dover comprendere, l'ordine ne è una indispensabile condizione": con queste parole si apre il saggio di Arnheim, che non ha mancato di sollecitare riflessioni e discussioni fin dall'anno della prima pubblicazione e ha dimostrato una fertilità e una ricchezza di stimoli che si ripropongono ancora inalterate.
Una riflessione, dettata da uno storico dell'arte che è anche uno studioso sottile e attento di psicologia, sulla conoscenza e la comunicabilità tra linguaggi e codici diversi, e quindi sull'ordinabilità della realtà e delle idee. Lo spunto viene dalla discussione sulla possibilità che la teoria dell'informazione approdi a una unificazione culturale. Se per informazione si intende improbabilità e imprevisto, osserva Arnheim, ci troviamo di fronte a una contraddizione radicale, «il massimo di ordine viene trasmesso con il massimo di disordine: qualcuno o qualcosa ha confuso i nostri linguaggi». Solo ridiscutendo i concetti di «ordine» e di «disordine» è possibile comprendere lo stesso funzionamento della creatività, e capire come l'arte sfugga all'antico e ambivalente sogno di prevederla e imbrigliarla. Il saggio non ha mancato di sollecitare riflessioni e discussioni (la prima pubblicazione italiana è del 1974), e ha dimostrato una fertilità e una ricchezza di stimoli che si ripropongono ora inalterate.
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