Il libro raccoglie interventi presentati negli anni scorsi a conferenze e convegni. Tuttavia, l'occasionalità da cui nascono i saggi copre una più sostanziale unità: individuare le coordinate teoriche con cui intendere i mutamenti sociali in atto. Naturalmente, gli autori non ambiscono a una descrizione articolata della totalità del mondo, ma, attraverso lo studio di determinati lemmi, vogliono fissare alcune categorie di carattere generale. I lemmi prescelti sono diversi per origine e natura. La ragion di stato, infatti, è un concetto che reca lo stigma della modernità nel suo formarsi. Gli altri due, invece ("governance" e "gouvernementalité"), rimandano alla discussione attuale e, ancor più, al gergo delle istituzioni internazionali. A parere degli autori, preso atto di quelle che sono valutate "come tensioni e rotture del piano normativo e valoriale, più che procedurale, dei sistemi democratici", occorre contrapporre a tali esiti una "pluralità di sforzi volti a riempire lo spazio democratico di pratiche, dispositivi e soggetti nuovi e alternativi all'esistente". In sostanza, i saggi pongono un interrogativo sulla democrazia e la sua capacità, come forma politica, di fronteggiare la globalizzazione. L'idea di fondo è che questa crisi sia irrecuperabile se non si dà spazio ai nuovi antagonismi che i processi di cambiamento hanno innescato nel mondo post guerra fredda. A mio avviso, la prospettiva da cui muovono gli autori pecca di ottimismo nell'apprezzamento positivo di qualunque conato di rivolta si venga manifestando, mentre svaluta eccessivamente la democrazia moderna ovvero quella che è definita, con terminologia foucaltiana, la "governabilità liberale". Pure, il volume si apprezza per la passione che percorre le analisi anche quando non condivisibili. Maurizio Griffo
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