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Il saggio di Pisano, fine studioso di socialismo, è tanto bizzarro quanto denso di spunti. Con uno stile, secondo le parole usate da Nicola Tranfaglia nella prefazione, "sottilmente ironico", quando non apertamente provocatorio, egli struttura un'analisi dove dapprima, per brevi stacchi, vengono esposti i molteplici punti di vista dai quali la storia può essere considerata come una "meretrice universale", poi si offre tutta una gamma di indicazioni bibliografiche volte ad approfondire la questione. Come nell'erasmiano Elogio della follia (cui vanno i primi riferimenti testuali), è l'oggetto stesso dell'"elogio", nella sezione iniziale del libro, a parlare. Con mossa a sorpresa, la storia rivendica a se stessa un'ironia di fondo e reclama dei "meriti". Non è grazie ad essa che l'uomo può vedere nel casuale una rassicurante necessità e nell'accaduto l'"irrevocabile", essendo in tal modo utilmente indotto a "forgiare la catena evenemenziale"? Nella seconda parte dell'opera, sulla base di una vasta bibliografia ragionata, viene tratteggiato un abbozzo - in forma dubitativa - di quello che potrebbe essere lÆhistorically correct, senza mai perdere di vista il problema cruciale della più o meno effettiva linearità storica in rapporto all'eterogenesi dei fini, a illustrare la quale si richiama, fra l'altro, uno splendido passo di Musil. A una visione d'insieme, queste pagine, nella loro apparente leggerezza, non possono che comunicare o consolidare nel lettore la convinzione secondo cui (dal titolo del punto XV) "la vita umana non è che un gioco: il gioco della storia".
Daniele Rocca
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