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Un saggio che incanta per la sensibilità con la quale riesce a raccontare il lato umano della piccola impresa e per la semplicità con la quale compone il quadro d'insieme del sistema italiano tra passato e presente. Tutto ha inizio con il contratto di mezzadria, che permette alla famiglia mezzadrile di acquisire le competenze imprenditoriali necessarie per scommettersi come piccola impresa familiare. Si diffonde poi in Emilia Romagna con gli operai licenziati dalle grandi imprese e in Veneto con il ritorno degli emigranti che portano con sé competenze e risparmi. Per Sapelli la piccola impresa è un fenomeno sociale, antropologico e morale. Un mezzo di mobilità sociale, grazie al quale le classi più povere hanno conquistato il proprio riscatto e, se è vero che un'organizzazione fondata sulla persona e sulla famiglia è un grosso limite per la crescita dell'impresa, è anche vero che il futuro della piccola impresa non dipende necessariamente dalla crescita dimensionale. "Può continuare a esistere rimanendo piccola e piccolissima impresa. Moltissime sono le piccole imprese centenarie, soprattutto artigiane e cooperative". Il sistema economico ha bisogno delle piccole come delle grandi imprese, proprio come una foresta "che cresce tumultuosa con grandi e piccoli alberi, infiniti cespugli e giardinieri vecchi e giovani che la foresta curano e intercalano con giardini e orti". Nel pieno della crisi e della trasformazione dell'industria sud-europea, la piccolissima impresa resiste e "sono gli immigrati, le donne, ossia le classi e i ceti meno privilegiati nella mobilità sociale a ricorrere a questa costruzione associativa umana anche per reagire alla crisi... Mille e mille piccoli imprenditori, una miriade di artigiani, ogni giorno continuano a lavorare e far lavorare. Perché? Che cosa li spinge a non arrendersi? La risposta non è nell'economia: è ancora una volta nella morale, nella persona." Un Elogio della piccola impresa tutto da leggere.
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