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recensione di Bertini, M., L'Indice 1996, n. 7
Questo testo di straordinaria intensità poetica nasce in quel breve volgere d'anni in cui Georges Perec - dopo il successo grande e inatteso di "La vita istruzioni per l'uso", pubblicato nel1978 - poté dedicarsi completamente alla scrittura, in un gioioso fervore di progetti che la morte venne a spezzare prematuramente nel marzo del 1982. C'erano, tra i progetti di Perec, feuilletons e libri per bambini, fumetti e canzoni, sceneggiature per il cinema e romanzi di fantascienza: un insieme eterogeneo e aperto, in cui doveva trovare molto spazio la collaborazione con registi e disegnatori. Eppure, quando, nel1977, il regista Robert Bober gli propose di collaborare come sceneggiatore a un documentario su Ellis Island, l'isola nella baia di New York che era stata sino al 1924 sede degli uffici dell'Immigrazione, la prima risposta del romanziere fu negativa. Bober era, come Perec, un ebreo di origine polacca, e lavorava da tempo sui temi della memoria collettiva del popolo ebraico, della diaspora, dell'erranza.Uno dei suoi bisnonni aveva tentato a un certo punto di lasciare la natia Polonia per gli Stati Uniti: durante la disagevole traversata, nel desiderio di assumere un aspetto più moderno e accettabile per le autorità americane, aveva perfino sacrificato la propria lunga barba di ebreo ossequiente alla tradizione.Ma arrivato agli uffici di Ellis Island, dove tutti gli immigranti che avevano viaggiato in terza classe dovevano venir esaminati e interrogati sulle loro condizioni economiche e sanitarie, era stato respinto, in quanto malato di tracoma.La sua amarezza, il suo senso di fallimento e di umiliazione, erano rimasti tra i ricordi dolorosi di una famiglia provata in seguito dalla dispersione e dall'esilio; Robert Bober, proponendosi di girare nel 1977 un documentario su quel che restava degli uffici di Ellis Island (in abbandono dal 1954), voleva collocare quei ricordi nella loro cornice storica e integrarli con altre testimonianze.
In un primo tempo parve a Perec di essere troppo estraneo alla ricerca di Bober; ma le moderne rovine di Ellis Island non potevano non esercitare un forte richiamo su un romanziere sensibile, come lui, all'archeologia del quotidiano, al fascino delle tracce sepolte, alle voci di tante vite individuali confuse in un flusso di anonima sofferenza.Dalla collaborazione tra Bober e Perec nacque dunque un film, prodotto dall'Institut National de l'Audiovisuel; e il testo della sceneggiatura, seguito da alcune interviste (non incluse nell'edizione italiana), venne a formare un singolare volume in cui coesistono poesia e ricerca storica, descrizione oggettiva e riflessione autobiografica.Tra schedari arrugginiti e lavandini divelti, rievocando storie dimenticate, Perec e Bober raggiunsero una sola certezza: quella di aver ritrovato per un attimo il suono delle due parole che costituivano il cuore della lunga avventura degli emigranti: "due parole molli, / irreperibili, instabili e sfuggenti, / che si rinviano / senza tregua le loro luci tremule, e che / si chiamano l'erranza e la speranza".
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