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Dopo un lungo periodo di reticenze nell'affrontare il tema dell'antisemitismo fascista, la storiografia italiana ha inaugurato una strada nuova che respinge letture assolutorie o scarsamente problematiche. Recenti studi hanno infatti dimostrato che l'ostilità nei confronti degli ebrei ha radici profonde, e che le persecuzioni razziali non possono essere spiegate ricorrendo esclusivamente all'alleanza con Hitler. Nel ricostruire le ingerenze attuate dal regime in campo editoriale, Giorgio Fabre riesce a chiarire le caratteristiche e le modalità di elaborazione di una lista di autori "le cui opere non sono gradite in Italia", elenco reso ufficiale il 23 marzo 1942, ma operativo fin dall'agosto 1939. Ciò che sorprende nella bonifica culturale avviata da Mussolini è la sua precocità; se già nel 1934 venivano adottate misure preventive che, imponendo il deposito dei testi in prefettura, ne compromettevano la diffusione, nei quattro anni successivi si intensificarono i provvedimenti volti a impedire l'influenza ebraica, soprattutto nel settore scolastico e nella letteratura per ragazzi. Nonostante qualche incertezza iniziale, Bottai non esitò ad abbracciare la politica di Alfieri, sicché tanto il ministero dell'Educazione Nazionale, quanto quello della Cultura Popolare, si trovarono affratellati in un'azione che tentava di ammantare di risvolti spirituali e ideologici un razzismo di natura essenzialmente biologica. Con l'istituzione della Commissione per la bonifica libraria, nel settembre del 1938, e con l'emanazione della circolare 19230, con cui si faceva richiesta agli editori delle generalità dei propri dipendenti (autori e traduttori compresi), si passava dalla censura sui contenuti a quella sulle singole persone, legittimando così il controllo razziale, oltre che politico e morale. La maggioranza delle case editrici collaborò, ma il censimento e gli esiti stessi dell'autobonifica non potevano dirsi pienamente soddisfacenti. È per questo motivo che dalla metà del 1939 venne imposto l'"ordine totale" di togliere dalla circolazione i libri di autori ebrei stampati dopo il 1850 e che l'"elenco" di 912 nomi, perfezionato su tre liste (degli autori ebrei antifascisti, degli editori e dei testi tedeschi raccolti da Carlo Barduzzi), divenne il punto di riferimento per le epurazioni successive. Nel 1942, quando l'elenco uscirà dalla segretezza, quasi tutta la produzione libraria italiana era stata vagliata, ma non mancano eccezioni di scrittori ben introdotti, come Alberto Moravia, che, nonostante le origini semite, continuò a pubblicare fin al 1943, o di gerarchi fascisti che, ben consapevoli dei danni per la cultura generale, non ostacolarono la diffusione di opere fondamentali di autori ebrei. Anche se validamente coordinato dai due ministri della Cultura Popolare, Alfieri prima e Pavolini poi, è opinione dell'autore che Mussolini, lungi dal farsi influenzare da quanto accadeva nella vicina Germania, avrebbe dato luogo, almeno fino al 1939, a un antisemitismo culturale più strutturato e ferreo di quello tedesco.
recensioni di Pedìo, A. L'Indice del 1999, n. 07
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