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Le riflessioni di Ernst Mach (1838-1916) s’inseriscono all’interno di un ampio quadro di trasformazione del pensiero filosofico e scientifico tra Ottocento e Novecento con al centro la nozione di esperienza. Il presente studio svolge un’analisi approfondita della “teoria degli elementi” di Mach a partire dai primi scritti sulle “esperienze meccaniche” e sulla critica al meccanicismo classico che conducono alla sua prima grande opera, La meccanica dal punto di vista storico-critico (1883), fino alle indagini sugli elementi sensibili (L’analisi delle sensazioni, 1886, 1929) e sulle sensazioni spazio-temporali in rapporto agli elementi noetici (Conoscenza ed errore, 1905). L’attenzione che Mach riserva ai fenomeni rivela la sua estraneità a qualsiasi naturalismo, monismo o fenomenismo ingenuo, allo scopo di far emergere una concezione genetica e relazionale dell’esperienza, la cui forma si avvale di strutturazioni logico-matematiche nelle quali vengono inquadrati – e assumono significato – i dati sensibili e i concetti. Per Mach, gli “elementi” non sono solo le sensazioni, ma anche i fenomeni complessi che incontriamo nella realtà, in particolare le relazioni di spazio e di tempo. Ogni elemento empirico può così apparire, a seconda dei punti di vista e delle circostanze in base alle quali lo si coglie, come “semplice” o “composto”, “antifigurale” o “figurale”. Tali rilievi mostrano importanti punti di confronto e di convergenza sia con le indagini della Gestaltpsychologie, sia con le ricerche fenomenologiche che, nel medesimo periodo, Husserl andava sviluppando sull’intuizione delle “essenze”, fondamentali per cogliere i diversi sensi intorno a cui si articola l’esperienza.
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