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Mah, tutto questo entusiasmo non lo condivido, onestamente; si, l'Elba è ben descritta (anche se l'Autore ripete Monte Giove intendendo Monte Capanne e si ostina a chiamare Porto Azzurro con il vecchio nome di Porto Longone), ma al di la di questo la storia è slegata e non appassiona. Ad un certo punto poi sparisce il plot noir e per un po si parla beatamente d'altro, poi alla fine ritorna la trama originale e il tutto si chiude svogliatamente. I personaggi sono come sfuocati e solo il medico condotto è meglio definito.
Mi ha soprattutto colpito la raffinatezza ed icasticità del linguaggio descrittivo, che ha il profumo della poesia. Già nelle prime pagine è come se il lettore navigasse sul traghetto che conduce all’isola d’Elba: le parole, vibranti di luci, colori ed ombre, delineano le forme dell’isola, che in modo graduale appare agli occhi della mente. Anche i personaggi sono scolpiti in modo semplice, ma chiaro. L’Elbano che vuole restare anonimo si staglia ed emerge dagli anfratti cupi del suo animo, minato dal rancore e dalle ferite subite nell’infanzia. Il romanzo è un thriller, ma sui generis. I tre omicidi rievocati nella seconda parte del romanzo ci appaiono in tutta la loro crudezza con una suspense notevolissima, ma sappiamo chi li ha commessi. E’ soltanto l’animo dell’assassino da scandagliare. Anche la figura del dottor Delta, ricco di umanità e bonomia, è emblematica della tranquilla serenità dell’isola d’Elba e di Capoliveri, turbata e travolta da quegli orrendi omicidi.
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