Come insegnare ai bambini a vivere felici in tempi di crisi? È questa la sfida alla quale si sottopongono Carlo Carzan, di formazione economista e di professione "ludomastro", come ama definirsi, e Sonia Scalco, esperta in attività ludiche per bambini e ragazzi, fondatori e animatori della prima ludoteca palermitana per ragazzi, "Così per gioco". Sfida ardua e, per certi versi, paradossale. Perché con questo testo Carzan e Scalco ambiscono nientemeno che a insegnare ai bambini e ai ragazzi, dai sei ai dodici anni, le ricette di una decrescita felice, e insegnarle con il gioco. Eppure riescono a rendere interessante e accattivante una materia piena di parole tristi, come recita la quarta di copertina, quali "crisi, disoccupazione, povertà, sprechi, rifiuti, inquinamento". Il risultato migliore di questo testo è rimettere l'economia "sui suoi piedi". Ci insegna cioè che tutte queste parole tristi, effetto di un'economia centrata sul profitto e sull'ipertrofia della produzione, non sono delle calamità naturali, ma dipendono, in larga misura, dai nostri comportamenti quotidiani. Ed è proprio ciò che gli autori intendono indicare con gli esercizi mirati all'educazione a un'economia consapevole: la strada per riappropriarsi di tempi e luoghi economici che vengono sottratti dal consumo, anzitutto mostrando che il prodotto interno lordo, il famigerato Pil, non è l'unico indicatore della ricchezza di un paese. O meglio, che la ricchezza di un paese non può limitarsi alla somma dei beni e servizi che produce. Recentemente l'Onu ha introdotto l'indicatore "indice di sviluppo umano", che misura altri fattori di crescita, come le risorse ambientali, l'istruzione, la diffusione del welfare e altri indici di progresso. E cosa dire di quei paesi che adottano il Fil (felicità interna lorda), che indicano un diverso approccio filosofico allo sviluppo? Si tratta, in sintesi, di adottare i principi di Jacques Attali, tra cui "provare a pensare in modo laterale" per non farsi sopraffare dalla crisi e adottare un approccio allo sviluppo che sia nel contempo globale e sostenibile. E, magari, coniugarli con le teorie economiche della decrescita felice di Serge Latouche, che ispira l'intero lavoro. Concludono il libro due densi capitoli sul tempo e sull'autoproduzione. La decrescita è infatti strettamente legata alla lentezza; tuttavia, la lentezza (il libro cita la Pedagogia della lumaca di Giovanni Zavalloni) non è assenza di tempo, ma tempo "altro", impiegato a passeggiare, parlare, occuparsi degli altri, guardare le nuvole. Quale modo più educativo per impiegare il tempo? E occuparsi degli altri vuol dire anche passare dall'economia dell'accumulazione all'economia del dono, con la consapevolezza che il dono è un regalo a noi stessi, in quanto soddisfacimento di un bisogno di un membro della comunità alla quale apparteniamo. La decrescita implica quindi la liberazione del tempo dal lavoro, il quale può essere riversato nell'autoproduzione, che in periodo di crisi diventa un "antidoto contro la povertà e la disoccupazione". Il testo, popolarizzando e rendendo fruibili ai preadolescenti concetti complessi, evita accuratamente il rischio di cadere nella banalizzazione, anche per il coinvolgimento pratico nelle attività proposte. Molte delle quali pronte da sperimentare in classe. Magari con un bravo ludomastro. Gino Candreva
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