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Ho letto questo libro per sostenere l'esame di "Storia dell'ebraismo" con la professoressa Trevisan Semi e l'ho trovato veramente interessante e completo.Offre una panoramica generale dei movimenti di conversione all'ebraismo presentando curiosità e dati che un normale manuale mette poco in luce. Davvero un buon libro per chi come me studia Arabo e Ebraico ed è interessato soprattutto alla cultura e religione a essi connesse.
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Questa raccolta di saggi analizza in un'unica cornice e riunisce per la prima volta in un'unico discorso la storia di alcuni casi di conversioni di vari e diversi gruppi ebraicizzanti, dalla Cina del XIX secolo all'Africa meridionale del XX secolo, dalla conversione degli abitanti di San Nicandro in Puglia dopo il 1930 al recupero di un'identità ebraicizzante tra i neri di Harlem dopo il 1950. Tudor Parfitt ed Emanuela Trevisan Semi ci guidano infatti attraverso i secoli e i continenti non soltanto alla ricerca di gruppi di popolazioni che a un certo punto della loro storia si sono identificati con l'ebraismo; gli autori ci offrono piuttosto gli strumenti per interpretare e decostruire quei meccanismi culturali, sociali e identitari che hanno portato questi gruppi a scegliere l'ebrasimo come identità collettiva culturale e religiosa. Quest'indagine si presenta quindi particolarmente originale non solo per lo svelamento di un percorso culturale che presenta forti punti di contatto tra le varie esperienze, ma soprattutto perchè - attraverso lo studio di gruppi ritenuti marginali e minoritari all'interno dell'ebraismo - tenta di offrire una risposta alla dibattuta questione di chi sia un ebreo, una domanda a cui i due autori offrono due risposte differenti e in parte complementari: mentre Parfitt propende per un'interpretazione di tipo genealogico-etnico, Trevisan Semi ne mette maggiormente in rilievo gli aspetti religiosi, culturali e identitari.
Le differenti storie dei movimenti e dei gruppi ebraicizzanti presi in considerazione nel volume presentano un punto di partenza comune: la storia di un ebraismo di confine, marginale da un punto di vista storico rispetto alla narrativa tradizionale della storia ebraica - tradizionalmente eurocentrica fino al 1948 - incerto da un punto di vista genealogico e incompleto da un punto di vista religioso (la maggior parte dei gruppi ebraicizzanti non conoscevano o avevano rifiutato il Talmud). Per tutti i gruppi trattati nel volume - i cosiddetti ebrei cinesi, la tribù dei lemba in Africa meridionale, il più conosciuto gruppo etiope, gli abitanti di San Nicandro e i neri di Harlem - si ricostruiscono non solo il processo e i motivi che hanno portato a inventare una tradizione, a interiorizzarla e quindi a codificarla in mito identitario fondante. Nella maggior parte dei casi, si identifica il momento cruciale di questo lungo e complesso processo di identificazione culturale con l'incontro tra europei e gruppo indigeno.
Entrambi gli autori insistono sull'importanza del mito delle tribù perdute di Israele, alla radice della frequente attribuzione dell'identità ebraica a popolazioni indigene e di successivi movimenti di ebraicizzazione: il gruppo etiope spicca in questo contesto come tribù perduta ideale (la tribù di Dan), con importanti conseguenze per il successivo sviluppo di un'altra identità ebraicizzante, quella di alcuni gruppi di neri di Harlem. Gli autori non tralasciano di affrontare l'ambiguità dell'ebraismo ortodosso (prevalentemente) israeliano e statunitense di fronte a un ebraismo dalle tradizioni "altre" e diverse, che tuttavia ha rappresentato, e continua a rappresentare, una fonte di discussione, di scambio, di apertura e di arricchimento culturale e spirituale nel variegato caleidoscopio diasporico ebraico.
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