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I primi rapporti tra mondo ebraico e mondo romano risalgono alle ambascerie inviate da Simone Maccabeo nel 139 a. E.V. per ottenere l’amicizia, l’alleanza e la protezione di Roma contro la Siria. Protezione, che non tardò ad arrivare in quanto i romani erano convinti che aiutando gli ebrei avrebbero potuto mettere prima mano sulla Giudea, stato cuscinetto, e poi sulla Siria stessa che all’epoca rappresentava un problema politico e militare di non poco conto. Fu proprio con la firma di quest’alleanza che cominciarono una serie di spostamenti degli ebrei all’interno dell’impero romano; spostamenti che determinarono la nascita di veri e propri agglomerati e nuclei all’interno delle principali città romane, dove gli ebrei che vi giungevano si ritagliavano un loro spazio, maggiore di altre popolazioni straniere. Questi rapporti, sempre continui e offuscati solo da sporadici eventi connessi con ben determinati problemi politici o schermaglie di carattere religioso, determinarono sia da parte ebraica che da parte romana un certo appropriamento di usi e costumi che caratterizzarono un periodo abbastanza florido, almeno fino alla caduta del tempio quando la politica antiebraica si fece più che mai manifesta, anche sulla spinta della nascente religione cristiana e della predicazione di stampo paolino. Il volume in questione (Gli ebrei nell’impero romano. Saggi vari, di Ariel Lewin, trad. it. di D. Asheri e R. Volponi, Firenze, Giuntina, 2001) raccoglie diciassette saggi tutti specialistici su questo tipo di rapporti, rivelandosi nel suo insieme una monografia senza precedenti. Per dovere di informazione esistevano già del testi del genere, ma la novità del nostro sta nell’attualità della ricerca bibliografica e nel fatto che è uno dei pochi tradotti in italiano, se si escludono certi lavori di inizio secolo ormai difficilmente reperibili e poco attuali nella consultazione. Non solo, ma in esso vengono raccolti anche una serie di saggi che erano stati già pubblicati
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