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scheda di Cavaglion, A., L'Indice 1992, n. 6
Questo importante volume è ad un tempo una storia dell'ebraismo nell'isola di Rodi e una testimonianza affettuosa dell'autrice alla memoria dei suoi cari, deportati ad Auschwitz. Dotato di un'importante appendice di documenti e di fotografie, il libro ci racconta la singolare vicenda di una delle più antiche comunità del Mediterraneo, sede di una juderia le cui radici affondano ben al di là della conquista dell'isola da parte di Solimano il Magnifico (1522) con conseguente arrivo di centinaia di ebrei sefarditi sfuggiti dalla Spagna. L'autrice giustamente ironizza sulla Ieggenda secondo la quale, già in età ellenistica, un mercante ebreo avrebbe provveduto a rivendere i cocci del Colosso di Rodi alla stessa maniera con cui oggi si rivendono le pietre del muro di Berlino. Doppia leggenda, anche perchè gli storici si sono a lungo dilaniati sull'esistenza stessa di quell'imponente monumento. Vero, assolutamente vero è invece che la storia degli ebrei di Rodi dal 1912 si debba associare alla storia d'Italia (l'isola divenne italiana dopo la guerra di Libia) e naturalmente anche alla storia degli ebrei d'ltalia (il terzo collegio rabbinico italiano, dopo Firenze e Livorno, sorse proprio qui ed accolse insegnanti di prestigio, la cui attività è ripercorsa dall'autrice). Prima che divampassero l'odio razziale e la persecuzione nazifascista, la nostalgia per la patria lontana - quella reale e quella ideale - ebbe modo di risuonare sulle ali dorate del coro del "Nabucco" o nell'ossessiva ripetizione della rossiniana prece mosaica ("Dal tuo stellato soglio") in una serie di concerti pubblici i cui programmi di sala sono qui riportati e costituiscono la prova più significativa di una storia comune.
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