Tito Balestra nasce a Longiano il 25 luglio del 1923, da Flaminio e Santa Urbini. Dopo le scuole dell’obbligo, si iscrive all’Istituto Magistrale di Forlimpopoli e nel 1939 alla Facoltà di Lingue dell’Università di Venezia, abbandonata, nel 1942, per quella di Magistero di Urbino, lasciate entrambe anzitempo a causa dei professori che non riconoscono agli studenti indipendenza di giudizio.
Tra il 1941 e il 1946 partecipa alla lotta partigiana, guadagnandosi un Certificato al Patriota; l’impegno civico lo porta a vestire, per breve tempo e controvoglia, prima le vesti di assessore, e poi (nel giugno 1945 per sole due settimane) quelle di vicesindaco, sotto la guida di Giovanni Sesto Menghi, primo cittadino ma anche pittore e presidente del locale Comitato di Liberazione Nazionale.
Negli stessi anni Tito inizia a collaborare con alcune testate e riviste quali Il Resto del Carlino, Il Corriere Padano, Il Corriere Cesenate, Il Trebbo, La Piè.
Evento centrale nella vita del poeta è il trasferimento a Roma, nel settembre del 1946, (dove Attilio Bertolucci riteneva vivesse non da nostalgico ma da provinciale che soffre) per seguire, vincitore di una borsa di studio, i corsi del Cepas (Centro di Educazione Professionale per Assistenti Sociali) diretti da Guido Calogero; lì incontra la futura moglie Anna Maria De Agazio.
Proprio fra le vie di Roma Tito, tramite l’amico bolognese Arnaldo Bartolini, conosce Tanino Chiurazzi, di cui diviene presto amico, il quale, nello stesso anno aveva, aperto in via del Babuino la Galleria d’arte La Vetrina, passando dall’omonima formula alle esposizioni temporanee.
Nella galleria di via del Babbuino stringe amicizie con artisti, scrittori e collezionisti, anche con quelli che arrivavano da Firenze, da Bologna, da Genova, da Milano e da Messina, in più occasioni conosciuti nelle redazioni dei giornali, fra i quali: Alvaro, Bassani, Bilenchi, Cassola, Comisso, Consagra, Dalla Chiesa, D’Arrigo, De Pisis, Flaiano, Frattini, Gatto, Guttuso, Longanesi, Maccari, Mafai, Palazzeschi, Pannunzio, Penna, Perilli, Pirro, Reale, Ciccio Trombadori, Ungaretti...
Segue con regolarità l’andamento della galleria dell’amico e la cura di vere mostre che gli permettono di conoscere a fondo l’opera degli artisti che comincia ad amare e a rivedere nei loro studi: Rosai, Mafai, Maccari, Enotrio, Tomea, Manzù, Morandi, Vespignani, Vangelli e Guttuso.
Diventa così, fra l’altro, un testimone d’eccezione della grande stagione romana e, in questi anni, comincia anche a raccogliere opere per una propria collezione d’arte a gusto ed uso totalmente personali.
Peculiare l’amicizia con Mino Maccari, con cui condivide una fitta frequentazione e che vedrà il pittore, nel 1956, essergli testimone di nozze.
Nel 1966 Tito organizzerà all’artista una personale a Longiano.
Parallelamente all’amore per l’arte, Balestra, continua a coltivare la sua necessaria passione per la poesia e la scrittura, di quando in quando, rivelata attraverso la collaborazione con testate giornalistiche , soprattutto, in seguito, con la pubblicazione di alcune raccolte poetiche.
L’opera poetica di Balestra vede la stampa in un volume, per la prima volta, nel 1974, quando L’Arco Edizioni d’Arte pubblica Se hai una montagna di neve tienila all’ombra, corredata da sei acqueforti di Maccari, scelte in un campionario appositamente eseguito dall’artista; nello stesso anno Garzanti pubblica un’altra raccolta: Quiproquo.
Sempre da L’Arco Edizioni, nel 1975, stampa Le gambe del serpente, undici poesie in cinquantadue esemplari in occasione del suo cinquantaduesimo compleanno, e nel 1976 Oggetto: la via Emilia, con quattro acqueforti di Alberto Sughi.
Tito Balestra muore a Longiano il 19 ottobre del 1976.
Lo stesso giorno della sua scomparsa esce a Milano, All’Insegna del Pesce d’Oro di Vanni Scheiwiller, Poesie di Liestal, con le parole di Alfonso Gatto pronunciate all’Arco il 7 novembre 1975 e tre illustrazioni di Henry Goetz.
Biografia tratta dal sito della Fondazione Balestra