(Gerusalemme 37/38 d.C. - Roma, dopo il 103) storico ebreo. Di ricca famiglia sacerdotale, partecipò alla guerra giudaica, e nel 67 fu fatto prigioniero da Vespasiano, che lo trattò benignamente e dopo poco lo liberò. Per riconoscenza G. assunse il soprannome di Flavio. In Palestina con Tito, fu testimone oculare della repressione della rivolta e della presa di Gerusalemme. Accompagnò poi Tito a Roma e qui visse per il resto della sua vita. La sua attività di letterato ebbe soprattutto il fine di far conoscere meglio la realtà giudaica nel mondo ellenistico e romano, così avverso agli ebrei. Scrisse la Guerra giudaica in 7 libri, prima in aramaico e poi in greco, mettendo a frutto la sua conoscenza diretta dei fatti. Di più largo respiro sono le Antichità giudaiche in 20 libri, scritte in greco, in cui racconta la storia del popolo ebraico dalle origini al tempo della rivolta, sfruttando fonti ormai scomparse. Nei 2 libri Contro Apione, un grammatico alessandrino che aveva scritto contro gli ebrei, G.F. riprese i motivi tradizionali dell’apologetica giudaica sull’antichità e sulla superiorità degli ebrei rispetto ai greci. Nell’Autobiografia completò molte notizie delle Antichità. La sua opera è fondamentale non soltanto sotto l’aspetto storico, ma anche sul piano culturale: è, infatti, una delle poche testimonianze rimasteci della tendenza, avvertita in certi ambienti giudaici, a rimuovere la reciproca ostilità con il mondo greco-romano mediante più profondi contatti letterari e culturali.