Compositore. Studiò con N. Porpora e F. Durante a Napoli e qui esordì come operista con Farnace (1751). Chiamato come maestro di cappella alla corte di Parma (1758-65), assecondò il progetto del ministro G. du Tillot inteso a riformare l'opera italiana sulla base della tragédie-lyrique francese musicando testi rielaborati da C.I. Frugoni da originali francesi (Ippolito ed Aricia, 1759; I Tindariti, 1760). Per volontà del conte Durazzo, direttore degli spettacoli di corte a Vienna, nel 1761 rappresentò l'Armida nella città austriaca, in un momento in cui stava maturando la riforma operistica di Ch.W. Gluck. Nel 1765 assunse la direzione del conservatorio dell'Ospedaletto a Venezia: dal 1768 al 1775 fu alla corte di Caterina ii a Pietroburgo; poi, per breve tempo, insegnò a Napoli, al conservatorio della Pietà dei Turchini; infine, dopo un breve soggiorno a Londra, ritornò a Venezia. T. è uno dei maggiori operisti italiani del Settecento nel genere serio. La sua produzione comprende 26 opere serie (fra cui spiccano, oltre alle citate, Sofonisba , 1762; Ifigenia in Tauride, 1763; Antigone, 1772), una dozzina di commedie, intermezzi e simili, pasticci, due oratori e poche altre pagine. Unità stilistica e qualità drammatica di marca gluckiana sono i pregi delle migliori opere serie di T.: il coro non di rado vi ha parte di rilievo; consistente è la presenza del recitativo accompagnato che sfocia con naturalezza nell'aria; aspetti vocali e aspetti strumentali si fondono con equilibrio; nelle arie la ricerca di «verità» drammatica fa spesso evitare i modi convenzionali del «bel canto»; l'orchestra è ricca di colori adeguati alle circostanze drammatiche. Nel linguaggio di T. degli ultimi anni va poi ricordata la singolare affinità con alcuni esiti mozartiani, non sempre spiegabile con un rapporto di imitazione.