(Parigi 1907 - Meillonas, Ain, 1965) scrittore francese. Nel 1930 fondò, con R. Daumal e R.G. Lecomte, la rivista para-surrealista «Le Grand jeu», apertamente influenzata dalle correnti filosofiche orientali. Redattore e corrispondente di guerra di «Paris-midi» e «Paris-soir», dopo l’armistizio fu attivo nel movimento di resistenza, cui dedicò il suo primo romanzo, Uno strano gioco (Drôle de jeu, 1945). Militante comunista dal 1952 al 1956, in questo periodo adeguò la sua narrativa ai canoni del realismo socialista, affrontando i problemi della vita operaia e ricollegandosi alla tradizione naturalistica francese (E. Zola, G. de Maupassant): notevoli, in tale prospettiva, i romanzi Gamba svelta, occhio acuto (Bon pied, bon oeil, 1950, nt), Pierrette (Beau masque, 1954), 325.000 franchi (325.000 francs, 1955). Un superamento della tematica populista si registra nel successivo La legge (La loi, 1957), ambientato in una piccola città della Puglia e animato da raffinate suggestioni erotiche. Con quest’opera si apre, in effetti, una nuova fase della produzione di V., contrassegnata dal recupero di alcuni miti del libertinismo settecentesco (culto dell’io e della vita «elegante», disprezzo delle convenzioni, esperienze sessuali fuori della norma ecc.), sia pure innestati nella realtà contemporanea, come elementi di rottura dell’ordine costituito: una tendenza che tocca i suoi vertici nei romanzi La festa (La fête, 1960, nt) e La trota (La truite, 1964, nt) e nel saggio Il freddo sguardo (Le regard froid, 1963, nt). V. tentò anche, con scarsa fortuna, la strada del teatro, scrivendo alcuni drammi, fra cui Eloisa e Abelardo (Héloise et Abélard, 1948, nt) e Il colonnello Forster si dichiarerà colpevole (Le colonel Forster plaidera coupable, 1951, nt), che riprendono i luoghi comuni dell’esistenzialismo sartriano. Postumo uscì il suo Diario (Journal, 1968, nt).