Scrittore di grande eclettismo, Marcel Schwob (fratello di Maurice) fu filologo, romanziere, traduttore e drammaturgo.
È oggi considerato uno degli intellettuali più importanti della fine del XIX secolo.
Bordeggiò fra realismo e fantastico, tendendo verso un pantheon di modelli eccelsi: da J. Verne e Mark Twain a R.L. Stevenson, da Catullo a Rabelais e François Villon.
La sua vita fu breve, e segnata da varie malattie mai diagnosticate con precisione, oltre che da una sensibilità decisamente fuori dal comune.
La sua esistenza fu consacrata a compilare e comparare vite immaginarie.
Tra le sue tante amicizie, che diedero luogo ad altrettante corrispondenze, ricordiamo quelle con P. Daudet, P. Valery, A. Gide, A. Jarry e Stevenson, del quale divenne grande amico.
All’autore scozzese avrebbe dedicato diversi saggi, traducendone varie opere (nella corrispondenza si accenna a più riprese ad un progetto di messa in scena per Dr. Jeckill e mr. Hyde).
Dopo la morte di Stevenson, Schwob intraprese un viaggio a Samoa, con l'intenzione di rendere omaggio alla tomba dell’amico, senza tuttavia riuscire nell’intento.
Giunto in prossimità della meta, infatti, una polmonite aggravò le già precarie condizioni di salute, e Schwob fu costretto a ripartire per la Francia.
È questa, forse, la conclusione più coerente che la sua avventurosa vita di bibliomane potesse chiedere, una sorta di congedo alla vita in nome della sua grande passione per l’avventura, passione vissuta quasi esclusivamente attraverso i libri.
Dopo il grande successo delle Vite immaginarie, solo di recente sembra essersi risvegliato in Italia l’interesse per uno degli autori europei più apprezzati.