(Schweinfurt, Baviera, 1788 - Neusess, Coburgo, 1866) scrittore tedesco. Amico di L. Uhland e di A. von Platen, studioso di letteratura greca e orientale, infaticabile versificatore, fu insieme un epigono del grande periodo «classico» goethiano e un rappresentante della vena romantica nel suo filone esotico-imitativo. Dopo aver compiuto studi classici e pubblicato poesie patriottiche e antinapoleoniche (Sonetti con la corazza, Geharnischte Sonette, 1814, e Serto del tempo, Kranz der Zeit, 1817), si stabilì a Vienna (1818), dove studiò l’arabo e il persiano. Ottenuta nel 1826 la cattedra di orientalistica a Erlangen, introdusse in Germania la forma del ghazal, traducendo il poeta persiano Rumi (1819) e componendo poesie d’imitazione orientale (Rose d’Oriente, Östliche Rosen, 1822). Studiò anche i metri italiani e antico-tedeschi, versificò la leggenda di Tristano e, tra il 1836 e il 1839, pubblicò una vastissima antologia della sua produzione, La saggezza del bramino (Die Weisheit des Brahmanen), includente più di duemila epigrammi, parabole e novelle in alessandrini. La tragica morte di due figlioletti gli ispirò i Canti per i fanciulli morti (Kindertotenlieder, postumo, 1872), splendidamente musicati da Gustav Mahler.