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Anno edizione: 2024
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A trent’anni dalla pubblicazione di Jack Frusciante è uscito dal gruppo, uno dei più grandi bestseller della letteratura italiana, Enrico Brizzi ci regala un nuovo viaggio nel mondo di Alex e Aidi, i protagonisti che hanno emozionato tre generazioni di lettori. Cos’è successo dopo la loro separazione? La risposta è questo sorprendente romanzo a due voci, tenero e feroce come la stagione elettrica dei diciott’anni, con tutti i dolori, le domande e le sorprese che porta con sé.
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Non sono riuscita a finirlo, colpa forse di aspettative troppo alte. Peccato, perché l’idea di ritrovare Alex e Aidi trent’anni dopo mi incuriosiva parecchio. Ma qui si tratta di un “dove eravamo rimasti…?”, e all’alba dei 50 anni faccio troppa fatica a tornare indietro agli tempi del liceo, degli interrail e degli amori adolescenziali.
Mentre stavo leggendo le ultime pagine di Due mi è balzata nella mente un'intuizione ben precisa: se Jack Frusciante era una parentesi aperta - ormai trent'anni fa -, "Due" è una parentesi chiusa. Chiusa sulla lunga "tardo adolescenza" che ha contraddistinto noi degli anni '90. All'inizio della lettura è stata per me un'emozione continua ritrovare personaggi che tanto avevo amato, tali e quali a come li avevamo lasciati, in primis ovviamente Alex ed Aidi. Poi di nuovo quello stile che mi ha stregato nel lontano 1996, quando io lessi Jack per la prima volta, poi di nuovo tutta quell'energia, di nuovo gli anni '90, di nuovo la Bologna di trent'anni fa... più che un romanzo, era una droga... poi ad un certo punto il "di nuovo" viene meno e il libro mi ha attaccato con un pugno, anzi una raffica di pugni. Ben assestati, impietosi, proprio lì, sulla bocca dello stomaco. Ma mi ha fatto bene: sono i libri migliori quelli che fanno così. Per dirla con uno dei personaggi di cui si narra, Enrico ha evocato una magia potente in questo seguito che ho trovato così sorprendentemente degno del suo illustre predecessore, un qualcosa che può anche travolgerti. "Due" è questo: un quanto di Storia insignificante per i più, ma durante il quale noi classe 70s abbiamo imparato a camminare davvero. E non è poco.
Confesso che a questo Alex ho voluto molto più bene che al primo, ai tempi mio coetaneo. Forse perché il 18enne che mi trovo davanti dopo 30 anni ancora non sa le cose che adesso io conosco bene. Comincia a vederle, ma ancora non le capisce. Sarà un po’ lo stesso effetto che ha fatto a tutti i tardo adolescenti di allora – ma che fa il nostro matto, piange? Ma no, è solo il vento, è assolutamente normale avere gli occhi lustri quando fili così veloce giù per la discesa di via Codivilla... Credo si spieghi così il consenso riscosso da critica e lettori, piuttosto insolito per un’operazione editoriale tanto inattesa quanto rischiosa. Alla fine ad avere occhi lustri e cuor contento sono soprattutto loro, quelli che 3 decenni prima lessero delle imprese del bizzarro coetaneo ‘fuori dal gruppo’, inerpicato in bicicletta sui colli bolognesi, ancora ignari del mondo che sarebbe venuto dopo.
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