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Anno edizione: 2017
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Cosa diavolo devi avere in testa per far uscire nel 2017 un disco composto da 23 tracce, la maggior parte delle quali ampiamente sotto non solo i tre, ma anche i due minuti? Drunk, ultimo lavoro di Thundercat, sta in bilico tra la follia geniale e quella fine a se stessa. Ma l’approccio, il personaggio e il turbinio creativo di Stephen Bruner fanno propendere verso la prima opzione. In Drunk, Thundercat concentra spinte artistiche diverse, strizzando l’occhio al pop e poi, un attimo dopo, perdendosi nel free jazz (o nei suoi abbozzi).
Di finire in classifica, passare in radio e tutte quelle ambizioni da pop star non gli frega niente. Piuttosto, incidere un disco come Drunk e` la conferma che Thundercat sia in realta` interessato a diventare una figura guida, con i suoi vinili eletti ad altarini di culto pagano da tenere sulla mensola. Drunk e` la cronaca di una giornata, scandita dai ritmi della citta`, distorta dalle dipendenze.
La scarica iniziale con Rabbot Ho e Captain Stupido suona proprio come un risveglio, con tanto di rutti e scoregge mattutine (“I’ve been weird / Still feel weird”). Uh uh, velocissimo solo di basso, e` la corsa verso il posto di lavoro, seguita dai mezzi di trasporto e il loop tecnologico in cui siamo immersi (“From the minute I wake up I’m staring at the screen”) di Bus in These Streets. Lo spirito di sensuale funky si spalma su tutte le tracce, da Lava Lamp ai due singoli gia` estratti, Show You the Way e Friend Zone, ironicamente pubblicata il giorno di San Valentino.
Oltre alla solita ballotta di Bruner (da Kamasi Washington a Flying Lotus, fino a Kendrick Lamar, sempre in prima linea), sono coinvolti anche nomi come Wiz Khalifa, nella sintetica Drink Dat, e Pharrell, protagonista della fumosa The Turn Down.
«Voglio essere sincero e onesto quando faccio musica», dice di frequente Thundercat. E Drunk e` il preciso riflesso del suo stravagante e bizzarro universo alterato.
Recensione di Matteo Zampollo.
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