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Rifiutando di ritrovarmi a Milano, ho letto la sola edizione originale, molto ben scritta e articolata, ricca di aspetti curiosi e di originali punti di vista. Eppure mai, di fronte ad un libro, mi sono sentito più offeso. Berendt ha peccato di grossolana vanità proponendosi l'ambiziosa pretesa di raccontare "i veneziani". Compito molto arduo. E infatti, resta sempre ancorato a quell'idea di decadenza che si era portato da NY, probabilmente quella più adatta alle vendite d'oltreoceano. Perciò, non si cura di verificare le pesanti accuse di corruzione e di connivenza mosse agli amministratori, alla popolazione, agli osti e persino ai fruttivendoli. Secondo ciò che l'autore riporta, dai dialoghi con altri Anglo-Americani, sembrerebbe che la città funzioni solo tramite tangenti e che chiunque non ne voglia scendere a compromessi sia addirittura sanzionato dal sistema corrotto. Una denuncia culturale significativa, ma troppo ingenua per la lezione che vuol sembrare. Infatti, poco conta se sono gli stessi Anglo-Americani quelli che lo ospitano abusivamente in un magazzino al piano terra, condonato. Sarà adattamento al luogo? Quante virtù questi osservatori. Invece qualcuno dovrebbe ricordare a Berendt che la vera Venezia non si mantiene sulle sponsorizzazioni incantate e strappacuore dei facoltosi mascheroni al ballo, bensì sul quotidiano lavoro -vera linfa vitale- di tutte quelle persone civilissime che, con molta fatica, ci passano le loro vite a Venezia. E' vero, in questi anni la crisi di Venezia è profonda, ma questo è soprattutto grazie alla furia immobiliare che sempre più la trasforma in un deserto salotto di rappresentanza di facoltosi non-residenti, le cui imposte resteranno chiuse per quasi tutto l'anno.
la mano di bianco di Leone de Venessia per la traduzione "ad sensum" ci sta tutta. Sono solidale anche al suo voto Filippo
Ma chi prendono alla Rizzoli per fare le traduzioni? Va bene che li pagano poco, ma che almeno sappiano che alla Giudecca, isola veneziana, non ci sono le auto. Invece nell'originale c'è scritto che un tale viene portato via con una "police boat", mentre nell'edizione italiana c'è scritto "macchina della polizia". Poi il presidente Ciampi anziché baccalà mantecato mangia un inesistente "merluzzo alla crema", la sua guardia è composta da "pretoriani" anzicché da "corazzieri" e poi Chicca Galli (la trduttrice) arriva a tradurre dall'italiano al milanese. I dolci di carnevale che nell'edizione originale sono indicati in italiano, "frittelle", in quella italiana diventano "tortelli". Ebbene, sappiano Chicca Galli e l'editor della Rizzoli che se loro a Milano mangiano "tortelli" noi a Venezia da 1400 anni mangiamo "frittelle" (frìtole), come nel resto d'Italia, d'altronde. Milanesi, non ci avete mai restituito i quadri di Tiziano e Tintoretto che gli austriaci hanno portato a Brera e adesso ci volete togliere pure le frittelle? In ogni caso il libro è buono, interessante e - presumibilmente - ben scritto, da ciò il voto alto. El leon del Venessia
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