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Questo romanzo, rispetto a “Il disperato”, mi pare più strutturato e narrativo. Ci troviamo di fronte alla storia di Clotilde che fino all’adolescenza ha subìto una vita di privazioni, abusi dal patrigno e scherno. In particolare ciò è per colpa del suo patrigno e di sua mamma che, a parte il loro sordido passato, semplicemente la sfruttano, nei modi più aberranti. La svolta si ha con l’incontro di Gacougnol, al quale il patrigno aveva raccomandato Clotilde come modella, praticamente un lavoro peggiore della prostituzione. Ma Gacougnol, vedendo l’enorme bellezza carnale e spirituale prende a cuore Clotilde e vuole farle soltanto il ritratto del volto raffigurante una santa, per di più la toglie dai genitori, le compra vestiti e l’alloggia in un hotel pur di avere con sé questa compagna spirituale che lo stimola all’esperienza religiosa. E così conosce un gruppo ristretto votato al Signore tra cui Merchenoir, il disperato, e l’enigmatico Leopold su futuro marito. Nella seconda parte Clotilde e Leopold vivono nella miseria più nera, muore Merchenoir, muore il loro piccolo bambino, dopodiché muore anche il marito cercando di salvare della gente in un incendio. Ritorna il monito del vecchio missionario “quando sarete nelle fiamme ricordatevi di me che pregherò dal fondo del deserto”. Se queste fiamme potevano essere interpretate come l’inferno ora Clotilde sa che sono quelle delle purificazione che lei, come donna povera e sempre più povera così come vuole il Signore, sta scontando in questa vita, perché non c’è che una tristezza, quella di non essere santi. In questo romanzo lo stille come ho detto è più consolidato, vi sono punte di ironia, quale punta di horror sovrannaturale, le critiche feroci alla modernità sono incalzanti, persiste, ahimè, l'antigiudaismo, ma meno acceso. Il vero cristiano è un povero naufrago come l'agnello agonizzante, nell'attesa della salvezza contro ogni felicità di questo mondo che non sia un segno dell'Altro.
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