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Anno edizione: 2013
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Sebbene l'autrice sia in possesso di un bagaglio lessico-letterale di primissimo piano, la trama risulta essere distorta e slegata, in cui il lettore fatica non poco a seguirne gli avvicendamenti. Difficile seguirne gli sviluppi e comprendere se siano episodi reali o sognati. Il romanzo trova una conforme connotazione solo nelle ultime conclusive 50 pagine, quando la protagonista torna a far visita al padre adottivo, sebbene il finale risulti inespressivo lasciando il lettore smarrito. Non mi è piaciuto.
L'ho letto in originale. Rispetto ad altre trame della Oates costruite intorno a figure femminili complesse ed iperstrutturate, il profilo psicologico della protagonista di questa storia risulta un po' meno riuscito. Ciò nonostante, l'autrice ha saputo attivare con notevole efficacia un tema che è un tòpos letterario: l'impossibilità di sfuggire al proprio passato, perfino (e, anzi, soprattutto) quando chi ci prova è riuscito a raggiungere lo status sociale più elevato che potesse sperare di raggiungere. La mitologia dei nativi americani è piena di corvi dai poteri molto ambigui, dunque non soprende che il corvo - da E.A. Poe ad oggi - continui ad avere un ruolo cruciale nello smascheramento della soggettività.
Un libro strano, onirico, dove realtà, sogno, incubo, ricordo, desideri, tragicità si fondono in un caos non meglio definito e definibile: un caos. Sarà una metafora? Io non l'ho colta. Sarà un paradosso? Certo
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