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Domenico Guidi 1625-1701. Uno scultore barocco di fama europea - Cristiano Giometti - copertina
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2011
1 gennaio 2011
368 p., ill. , Rilegato
9788882655440

Voce della critica

Che un rilievo in marmo con la Resurrezione di Cristo, di quasi due metri di altezza, collocato nella controfacciata del prestigioso Duomo di Pisa, sia stato riferito solo da una decina d'anni a Domenico Guidi (Torano 1625 - Roma 1701) è un fatto che merita qualche considerazione. Non solo perché proprio a partire da questa felice attribuzione, relativa a un'opera per tanti aspetti talmente "fuori contesto" da essere in precedenza ignorata dagli specialisti e fraintesa dalla guidistica, sono iniziate le indagini di Cristiano Giometti sull'artista carrarese (già naturalizzato a Roma da più di due lustri al momento della commissione pisana), ma soprattutto perché la vicenda consente di comprendere quanta necessità vi fosse di uno studio complessivo e approfondito su questa figura di primo piano della scultura tardoseicentesca romana, anche nell'ottica di una più ampia conoscenza del patrimonio italiano. La monografia di Giometti, articolata in un generoso saggio introduttivo, un'appendice documentaria e un esaustivo catalogo delle opere, colma ora in modo puntuale e affidabile questa lacuna, con l'ausilio di tutti i diversi strumenti della disciplina: dall'approfondimento della moderna bibliografia al vaglio critico della letteratura artistica, dalla filologia attributiva all'analisi delle tecniche, dall'attenzione per la committenza a quella per le istituzioni artistiche cittadine. Il volume, in cui confluiscono i risultati già pubblicati dall'autore negli ultimi anni e alcune nuove proposte attributive, presenta inoltre, in calce a molte schede, un apparato documentario ampio ma mai accessorio, frutto di accurate indagini di prima manocondotte da Giometti in archivio (o meglio, in diversi archivi, e non solo italiani). Il corredo illustrativo soffre invece della scelta di un formato editoriale di dimensioni ridotte, che in più casi compromette purtroppo la leggibilità delle singole foto. Il prezzo, infine, indubbiamente alto, rischia di non favorire la diffusione di uno studio che merita di essere letto non soltanto da quanti vogliono conoscere la produzione di Guidi. Nel panorama fortemente chiaroscurato degli studi sulla scultura barocca romana, che vanta contributi di straordinaria qualità e ampio respiro (come la monografia su Algardi, maestro di Guidi, pubblicata nel 1985 da Jennifer Montagu), ma presenta ancora numerose zone d'ombra (non ultimo l'assenza di un'indagine complessiva su Ercole Ferrata), questo volume aiuta infatti non poco a orientarsi su quello che stava succedendo nella città papale nel medio e tardo Seicento: dal dialogo tra scultura e pittura (e in particolar modo con Carlo Maratta) alla messa a fuoco di alcuni artisti malnoti come Girolamo Lucenti, dall'evoluzione di particolari tipologie scultoree (soprattutto funerarie) alle modalità di funzionamento di una fiorente bottega romana (aperta a collaboratori e visitatori), dalle relazioni tra centro e periferia (considerando le diramate commissioni extraromane ricevute da Guidi) al confronto con Bernini. Senza mai perdere il senso delle proporzioni, sono proprio i difficili rapporti che Guidi intrattenne con l'imperante scultore a costituire un leitmotiv nell'indagine di Giometti: la sua formazione napoletana presso lo zio Giuliano Finelli e la sua scelta di entrare a Roma nella bottega di Algardi, evitando così da subito di gravitare nell'orbita berniniana, innanzitutto; poi l'estromissione da importanti commissioni vaticane per l'ingerenza di Gian Lorenzo; e quindi, finalmente, il conseguimento da parte dell'artista carrarese di un indiscusso favore presso prestigiosi committenti (soprattutto, ma non solo) francesi. Favore al quale allude di fatto anche il sottotitolo della monografia, e che l'autore legge giustamente in parallelo con la smacco subito da Bernini nel 1665 a Parigi e con la tormentata vicenda del monumento equestre per Luigi XIV. Ma nella monografia di Giometti, anche all'interno di una ricostruzione biografica che non manca di un vivace piglio narrativo e di uno sviluppo a tratti addirittura appassionante, e dove i documenti d'archivio finalmente ci risarciscono della diffusa lacunosità delle fonti letterarie a stampa (per lo più settecentesche) sui protagonisti della scultura tardobarocca romana, sono le opere figurative a restare centrali. E con esse la necessità di leggere il rapporto con Bernini innanzitutto come un problema di eredità artistica, con il quale a Roma si dovettero confrontare tutti gli scultori della generazione di Guidi. Un problema per il quale Guidi seppe indubbiamente offrire una soluzione di grande autonomia. Lucia Simonato

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