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Saggio piacevolissimo ma anche abbastanza impegnativo, a cui è meglio non approcciarsi avendo letto solo “Orgoglio e pregiudizio”, ma solo se si è affrontata la lettura di gran parte delle opere di Jane Austen e si è amanti delle atmosfere ricreate nei suoi romanzi. L’unica cosa che avrei cambiato in questo volume è il titolo che, a parer mio, non gli rende giustizia ed è troppo “riduttivo”. Questo saggio è infatti uno studio molto approfondito sull’autrice e sui mondi da lei creati nelle sue opere, che scava anche nel “privato” di Jane Austen e riesce a tirar fuori le motivazioni dietro alla scelta di ambientazioni e atmosfere che l’autrice ricrea nei suoi romanzi.
Non è un testo per tutti, questo è meglio sottolinearlo subito. Io per prima ho dovuto attingere a tutte le mie conoscenze e studi di critica letteraria, e tuttavia non è stato facile decodificare tutti i riferimenti filosofici, psicologici e sociologici che la Marocco applica al testo: si spazia da Fichte a Hume, passando per Rousseau e il contratto sociale (il contractual thinking è infatti il centro nevralgico di questa lettura ermeneutica del testo austeniano). Ma è certo che se ne esce arricchiti e intensamente coinvolti. Che cosa si intende dunque per pubblico e privato in Jane Austen? In termini molto semplici, si intende il rapporto dinamico e inter-relazionale tra vedere e essere visto, l’Io e l’Altro, nei personaggi di Orgoglio e Pregiudizio. Dove si verificano? Nello spazio della casa, in prima istanza, secondo una precisa disposizione architettonica (il salotto, la biblioteca, la sala comune, la camera da letto). Ma anche ai balli, ai tè, durante le gite e i viaggi. A cosa mirano? Al matrimonio, luogo per eccellenza dell’incontro tra pubblico e privato. Cosa comportano? La crescita e la maturazione del sé (privato) in rapporto all’altro (pubblico), crescita mirabilmente esemplificata da Elizabeth e, in misura solo lievemente minore, dallo stesso Darcy.
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