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Discorso alla nazione europea. Malafede, viltà e ingiustizia del nazionalismo e del sovranismo
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Discorso alla nazione europea. Malafede, viltà e ingiustizia del nazionalismo e del sovranismo - Julien Benda - copertina
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Discorso alla nazione europea. Malafede, viltà e ingiustizia del nazionalismo e del sovranismo

Descrizione


«Bisogna scegliere: o fare l’Europa, o restare eterni fanciulli... L’Europa dovrà assomigliare a quella giovane scienziata del xiii secolo che insegnava Matematica all’Università di Bologna, e si mostrava velata agli astanti per non turbarli con la sua bellezza.» Questa è una delle colorite allegorie che Julien Benda utilizza, nel 1932, per risvegliare il perduto sentimento europeo dopo l’eclissamento dell’unità cristiano-imperiale dell’Europa medievale a cui guarda con distaccata nostalgia. La tesi del pamphlet di Benda, paradossale e inattuale per il suo tempo, è che solo un’istituzione superiore come quella della nazione europea può portare al superamento del nazionalismo, degli egoismi e del particolarismo degli Stati sovrani che hanno avvelenato la vita della gente d’Europa per lunghi secoli. L’unione dei popoli europei sarà possibile solo con una rivoluzione delle coscienze, un cambio di paradigma morale e intellettuale. Torna finalmente disponibile al pubblico italiano questo piccolo, grande saggio in un momento difficile della storia del nostro continente, che ora mostra molte analogie con quello vissuto da Benda. Introduzione di Giulio Sapelli e scritti di H. de Saint-Simon, A. Thierry, J.G. Fichte, N. Bobbio, K. Polany. Con il Manifesto di Ventotene.
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Dettagli

2018
10 ottobre 2018
204 p., Brossura
9788833631028

Conosci l'autore

Julien Benda

(Parigi 1867-1956) filosofo e scrittore francese. Condusse una tenace polemica contro ogni atteggiamento romantico e contro l’arte emozionale, il bergsonismo e l’irrazionalismo in genere. Nella sua opera più celebre, di immediata e duratura fortuna, Il tradimento dei chierici (La trahison des clercs, 1927, riedita con una importante introduzione nel 1946, ma già seguita nel 1929 da un essenziale complemento, La fine dell’eterno, La fin de l’éternel), censurò gli intellettuali che, rinunciando alla disinteressata ricerca della verità, avevano politicizzato la propria attività e optato per la mozione degli affetti; criticò quindi ogni forma di settarismo, di nazionalismo e di esasperato individualismo. Neoilluminista e difensore della classicità, fu ostile alle nuove tendenze della letteratura,...

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