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scheda di Natali, F., L'Indice 1995, n. 9
Può il gioco essere proposto come modello del diritto? Huizinga ricordava che il gioco è la forma prima, la matrice di qualsiasi forma di cultura; Platone considerava il gioco attività divina; Heidegger vi vedeva la più alta forma di attività umana, e Fink, dopo Nietzsche, ne faceva il simbolo stesso del mondo. Se si può dunque trarre qualcosa di serio dal gioco perché non vedere il gioco in tutto ciò che è prodotto all'insegna del serio? Il riferimento al gioco assume dunque il significato di una vera e propria metafora attraverso la quale sperimentare, per spiegare il diritto, la fecondità del gioco in quanto autentico modello teorico. L'originalità del volume e della prospettiva proposta non va peraltro ricercata nell'accostamento gioco-diritto, operazione non nuova, ma nel modo e nell'uso di quell'accostamento, ovvero nel significato che il concetto di gioco deve poter assumere se vuole esprimere l'immagine complessa, dialettica e paradossale del diritto contemporaneo. Si tratta di abbandonare il paradigma semplice dell'esclusione ("n‚ questo n‚ quello"), dell'opposizione ("questo contro quello"), o dell'identità ("questo si riduce a quello") e di ricorrere a una relazione mobile e plurima, l''entre deux' appunto, in grado di rappresentare la complessità dei rapporti giuridici. Il gioco diviene "movimento in una cornice", in uno spazio che permette lo spostamento di un pezzo all'interno del medesimo dispositivo. Il gioco è la casella vuota che permette il movimento, è il significato mancante che consente, come nell'interpretazione giuridica, di "giocare il gioco", ovvero di trovare le regole di rapporto. Il rischio è che si finisca poi per sviluppare un concetto di gioco inteso non come categoria di comparazione esterna al diritto, bensì come logica interna, costitutiva di questo.
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