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Dipinti e lacrime. Storie di gente che ha pianto davanti a un quadro - James Elkins - copertina
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Dipinti e lacrime. Storie di gente che ha pianto davanti a un quadro
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Dipinti e lacrime. Storie di gente che ha pianto davanti a un quadro - James Elkins - copertina

Descrizione


Quanti di noi, di fronte a un dipinto, si sono commossi fino alle lacrime almeno una volta nella vita? Quanti, al di là di una fugace emozione, di una disarmante sorpresa o di un'illuminazione improvvisa si sono sentiti davvero imperlare gli occhi davanti a un quadro di Rothko, di Caravaggio, di Creuze? Turbamento, commozione, empatia sono esperienze che il nostro secolo sembra aver dimenticato: i musei d'arte contemporanea appaiono sempre di più come luoghi in cui guardare senza sentire, in cui stupirsi, riflettere, distrarsi, imparare qualcosa, ma non di più. Eppure, un tempo, di fronte ai quadri si soccombeva, lasciandosi turbare fino al pianto. Quanti uomini, quante donne hanno pianto, nel Medioevo, nel Rinascimento, nel Settecento? E perché il nostro tempo sembra invece così arido, così povero di lacrime? Questo non è un libro per imparare a commuoversi, e nemmeno un manuale del pianto. "Dipinti e lacrime" muove da una domanda molto semplice: che cosa accade quando un'opera d'arte significa per noi molto più della sua storia, quando ci avviciniamo al suo valore assoluto, così diffìcile da tradurre in parole? C'è chi ancora oggi reagisce in modo viscerale ai dipinti? Attraverso le innumerevoli testimonianze di colleghi, amici e sconosciuti, questo studio di James Elkins ripercorre la storia dell'arte a partire da alcuni dipinti chiave e dalle reazioni forti che hanno suscitato in spettatori di mondi ed epoche diverse.
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Dettagli

2009
19 febbraio 2009
275 p., ill. , Brossura
9788861592704

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alida airaghi
Recensioni: 4/5

Cosa fa piangere le persone davanti a un dipinto, si chiede il critico statunitense James Elkins, e soprattutto: succede ancora oggi, in questi nostri tempi aridi e smaliziati, ironici ed eruditi, e nelle nostre gallerie d'arte, affollate e documentate fino all'ipertrofia? L'autore ha raccolto più di quattrocento testimonianze scritte da individui comuni, accademici, artisti sulla loro partecipazione emotiva alla visione più o meno commovente di un quadro. Scoprendo che si può lasciare libero sfogo alle lacrime per tanti motivi: perché il dipinto ci può ricordare qualcosa del nostro passato, o un desiderio o una paura rimossa; perché si è delusi nelle aspettative, o perché ci si sente sovrastati dalla magnificenza. Si sa che Stendhal è svenuto dopo aver visitato Santa Croce, mentre Ruskin, sopraffatto dall'emozione davanti a un Tintoretto, è scoppiato a ridere, e Mark Twain si è divertito e annoiato osservando "il lamentevole relitto del più celebre dipinto del mondo, 'L'ultima cena di Leonardo'". Lo stesso Elkins racconta di quanto "L'estasi di San Francesco" di Giovanni Bellini esposta a New York l'abbia turbato dall'adolescenza, costringendolo a tornare a vederla molte volte nel corso della sua vita, finché la mole di informazioni e di studio che aveva accumulato sul quadro finì per soffocare in lui ogni tremito, ogni ansia di assoluto. Quanto ci possono impressionare, oggi, le tele monocromatiche e disperate di Rohtko nella cappella a lui dedicata a Houston, l'oscurità di un Rembrandt a Amsterdam, i paesaggi solitari e sconfinati di Friedrich, le Madonne medievali nei musei di tutto il mondo? E perché invece non ci commuove più la pittura celebrativa, retorica o edulcorata della Francia settecentesca ? Elkins sostiene che tre sono le ragioni che spingono le persone a piangere davanti a un quadro: la consapevolezza dello scorrere del tempo, la nostalgia di Dio, e l'incombere del vuoto e dell'assenza. Se l'arte ci emoziona ancora, il mondo può sperare...

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