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Vissuto a cavallo tra V e IV secolo a.C., Dionisio I non sfuggì al destino che la Storia riserva solitamente ai tiranni (o presunti tali). Di lui infatti hanno tracciato un profilo ben poco lusinghiero tanto Diodoro Siculo – al quale dobbiamo il maggior numero di notizie sul suo conto – quanto, e ancor più, la tradizione storica che fa capo a Platone e all’Accademia, la quale imputa a Dionisio di essersi impadronito illegalmente del potere e di averlo esercitato per 38 anni a esclusivo vantaggio personale. Brian Caven ha ritenuto di dover sondare le ragioni profonde di questo giudizio, condiviso anche da parte della storiografia moderna, e di procedere ad una revisione globale del problema posto da Dionisio. Basandosi su un vaglio attento delle fonti storiche a disposizione e tenendo nel debito conto anche gli studi di illustri colleghi, Caven riesce a ricostruire un profilo del tiranno più equilibrato e meno convenzionale, calato nel quadro complessivo della Sicilia e della Magna Grecia in una fase cruciale della loro storia. Da un lato, egli ne ripercorre l’intera parabola (l’ascesa al potere, le lunghe guerre, in particolare contro i Cartaginesi, per il controllo dell’isola, i rapporti, non sempre facili, con la lontana madrepatria greca); ma, dall’altro, lo storico è anche attento a mettere in luce, per quanto possibile, le qualità umane e spirituali di Dionisio, da sempre neglette. In realtà, egli fu uomo moderato e contenuto nella vita privata, amante dello studio e della poesia, drammaturgo, abile diplomatico, condottiero inferiore a pochi, “romantico” custode, per sé e per la propria città, di un sogno ambizioso: ridurre l’intera Sicilia sotto l’egemonia siracusana. Solo la morte, giunta improvvisa a 63 anni, gli impedì di vederlo realizzato appieno.
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Biografia di un personaggio precedentemente poco trattato o trattato in modo sbrigativo con la "damnatio" a cui i Greci sottoponevano a posteriori tutti i cosiddetti "tiranni" (quando cadevano...). Lodevole il tentativo di riequilibrarne la figura, anche se a volte si cade quasi in un eccesso di revisionismo e nell'apologia... Pesante, ripetitiva e poco scorrevole la lettura, forse anche a causa di una non eccelsa traduzione.
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