L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
Anno edizione: 2005
Anno edizione: 2005
Può la teologia prendere sul serio il messaggio dirompente del naturalismo darwiniano? Questo il tema, impegnativo e vitale, che Orlando Franceschelli qui affronta. La costruzione di un dialogo fra queste due dimensioni, nota l'autore esponendo la tesi centrale del libro, può nascere soltanto da un reciproco riconoscimento di legittimità: accettare, da parte di una "fede adulta", l'irreversibilità della rivoluzione darwiniana e quindi il passaggio dall'universo-creato all'universo-natura; apprezzare, da parte di un naturalismo non determinista, gli sforzi che una parte del pensiero teologico e filosofico ha fatto per aggiornare le proprie riflessioni rispetto ai risultati conoscitivi della scienza.
Questa impostazione, apparentemente conciliante, si rivela però assai severa, e non poteva che essere così, nei confronti di gran parte delle prese di posizione teologiche sulla teoria dell'evoluzione. Lo è ovviamente con il letteralismo biblico delle destre fondamentaliste cristiane statunitensi, impegnate a sostenere il dettato della Genesi come "teoria scientifica" alternativa. Ma lo è anche con il rinascente fervore dell' Intelligent Design , la filosofia secondo cui nella storia naturale esisterebbero le prove della presenza di un progetto divino, versione moderna della "teologia naturale" inglese ottocentesca di William Paley e William Buckland, già demolita dalle sottili argomentazioni di David Hume e poi smentita sistematicamente nei fatti proprio da Darwin.
Il dialogo perorato dall'autore appare dunque quanto mai difficile se pensiamo che dopo la morte di papa Wojtyla le gerarchie ecclesiastiche cattoliche stanno muovendo rapidamente verso un'adesione inedita al "disegno intelligente". Quest'ultimo, a differenza di quanto hanno sostenuto molti teologi, non va confuso infatti con un innocuo teismo evoluzionistico o con una fede panteistica in una mente universale che possa aver concepito l'intero universo: esso pretende di essere scienza e di essere insegnato come tale nelle università. Avanza presunte prove - la convergenza adattativa fra animali filogeneticamente lontani, la presunta complessità irriducibile dei primi organismi - senza alcun rispetto per l'evidenza empirica e fingendo di non sapere che quei fatti sono da decenni comprensibili attraverso la selezione naturale e gli altri meccanismi naturali che producono il cambiamento.
Non è dunque questo teo-conservatorismo aggressivo il presupposto del dialogo e non lo sono nemmeno i facili concordismi di chi pensava che dopo la "riabilitazione" di Darwin da parte del pontefice nel 1996 non vi fosse più alcuna incompatibilità fra evoluzione e teologia, laddove invece quella comunicazione si fondava sulla distinzione - inaccettabile per qualsiasi evoluzionista - fra un'interpretazione materialistica e una spiritualistica dell'evoluzione. La sfida radicale, inaggirabile, del naturalismo di Darwin sta nel fatto che quella "interpretazione materialistica" è proprio la spiegazione scientifica delle origini delle forme viventi, specie umana compresa, intelletto umano compreso.
Escluse dunque con dotte ed efficaci argomentazioni queste strategie, Franceschelli lascia uno spiraglio finale, una piccola luce di speranza per chi crede in un dialogo futuro possibile, e cita le sofferte elaborazioni di quei teologi che hanno provato a concepire la presenza di un dio creator et evolutor , un dio che rinuncia alla propria onnipotenza, un "dio umile" che per amore si ritrae dalla creazione e lascia alla vita la libertà di evolversi nel modo naturale studiato dagli scienziati. Su questo terreno vi sarebbe secondo l'autore anche un punto di convergenza morale, poiché l'anelito alla trascendenza e l'etica naturalistica della solidarietà potrebbero essere due risposte altrettanto plausibili allo "scandalo" del male fisico radicale presente nella natura. Quello stesso male assoluto e senza senso che portò Darwin all'agnosticismo, ma che lo indusse anche a concepire la cultura e la morale umane come ribellioni all'indifferenza della natura verso la sofferenza innocente.
Quest'ultimo contributo di Franceschelli, più che i riferimenti teologici alla "contrazione di Dio" che pur essendo suggestivi non nascondono profonde contraddizioni filosofiche interne, è particolarmente prezioso perché mette in luce il valore intrinseco, positivo e progressivo dell'antropologia laica di Darwin. Evidenzia la possibilità di una sobria saggezza naturalistica, scettica e critica, per una volta non impegnata nella battaglia di retroguardia a cui è spesso obbligata dovendo rispondere ad accuse durissime, non ultima quella di essere "incapace di fondare la dignità umana" e di complottare nichilisticamente per la "dittatura del relativismo". Sarà ben difficile avviare un dialogo finché non si accetterà che quella di Darwin è una vittoria dell'emancipazione, una formidabile ed elegante dichiarazione di indipendenza della natura.
Telmo Pievani
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore