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La graphic novel ha ormai superato barriere e resistenze "culturali" e, libera dal pregiudizio di inferiorità, vive ora una sua autorevole stagione, attirando a sé, in splendida convergenza, autori attenti a questa frontiera del narrare o, più in generale, informati del fatto che il fumetto sia (sia sempre stato) a tutti gli effetti un linguaggio. Di tutto ciò è senza dubbio certo, da tempo, Igort, illustratore, disegnatore, musicista e fondatore della Coconino Press. E dal canto suo, Massimo Carlotto è da sempre consapevole di quanto conti il saper "costruire immagini" nella creazione dei suoi noir. Insomma, Igort e Carlotto non potevano che giungere a incontrarsi là dove l'atto del narrare abbandona classificazioni, generi e forme canoniche per acquisire invece i connotati ibridi e affascinanti della graphic novel. Ne è nato Dimmi che non vuoi morire, pubblicato in una solida veste grafica. Il protagonista è il noto (ai lettori di Carlotto) personaggio detto l'Alligatore, ex cantante, ex galeotto e investigatore senza licenza, ingaggiato da un ambiguo e ricco ristoratore di Cagliari per ritrovare Joanna, sua amante e instabile cantante che si identifica in Patty Pravo. Con buon piglio, il prologo scarta subito verso lo sviluppo criminale che ci si attende e procede con dosati colpi di scena, anche se si ha di tanto in tanto il sospetto di un cedimento alla "maniera", come se Carlotto usasse in questa storia più il (sapiente) mestiere che la sfida all'ignoto. Ma questi lievi cedimenti sono in ogni caso compensati dalla mano di Igort, che con tratto leggero di matita intrappolato in coraggiose campiture color carta da zucchero, incomplete, per dare voce al bianco, fornisce alla vicenda, con il solo mezzo del colore, ciò che è, per la scrittura noir, il tono. Così, il lavoro dell'Alligatore e dei suoi due collaboratori, Max la Memoria e Beniamino Rossini, ci appare nella cruda luce del vero, un vero reso credibile proprio dall'irreale scelta monocromatica che cancella dai volti la speranza. Massimo Tallone
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